In pensione con 42,10 di contributi, ma spesso non basta

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Donne con 41 anni e 10 mesi di contributi versati, uomini con 42 anni e 10 mesi. E poi, tutti i precoci che svolgono lavori gravosi, o che sono invalidi, disoccupati e caregivers, in pensione con 41 anni di versamenti. Sono le pensioni anticipate senza vincoli di età oggi in vigore. E lo saranno anche nel 2023. Non sempre però questo basta. Sembra assurdo ma è così per almeno due motivi. Il primo riguarda l’ammontare dei contributi, che non deve essere tradotto solo in settimane, mesi o anni di contribuzione, ma anche in euro. Il secondo riguarda la tipologia di contributi.

In pensione con 42,10 di contributi, ma spesso non basta

Quando si scarica un estratto conto dei contributi previdenziali dall’INPS, tutto parte dalle settimane lavorative. Sul documento compilato dall’INPS, un anno di lavoro coperto da contribuzione è pari a 52 settimane. Per capire l’ammontare totale dei contributi di cui si è in possesso, bisogna sommare tutte le settimane di contributi versati e poi dividere per 52. Se invece ci sono i mesi di contribuzione versata, anche in questo caso si fa la somma di tutti gli anni riportati in mensilità e poi si divide per 12. In questo modo si può verificare il quadro generale di quanti anni di contributi versati sono stati accumulati. Non sempre però un anno di stipendio e lavoro vale un anno di contributi versati.

Cos’è il minimale contributivo

Il minimale contributivo è importantissimo per motivi che molti trascurano. Infatti può essere che un anno di contributi, anche se presente nell’estratto conto contributivo di un lavoratore ed anche se effettivamente collegato a 52 settimane di lavoro, non valga un anno pieno di contributi. In questo caso un lavoratore potrebbe trovarsi a considerare come completata la carriera, ma che invece effettivamente è carente. E pertanto niente pensione. Il minimale contributivo non è altro che la retribuzione minima utile all’accredito dei contributi per la pensione. In genere ogni contratto collettivo nazionale prevede un minimo retributivo prestabilito che è differente in base ai livelli in cui un lavoratore è assunto. In genere si tende a considerare per buono un minimale contributivo se è superiore alla retribuzione minima prevista dal CCNL.

Minimale retributivo e minimale contributivo

In pensione con 42,10 di contributi o con 41 anni e 10 mesi per le donne non sempre è possibile proprio per via dei minimali. A titolo di esempio possiamo prendere il minimale contributivo del 2022. Essendo pari a 525,38 euro al mese il trattamento minimo INPS, il reddito minimo da assoggettare a contribuzione previdenziale è pari a 49,91 euro al giorno. Ma se il minimale retributivo è importante, per la pensione è più importante il minimale contributivo. Infatti per l’accredito di un anno pieno di contributi, bisogna versare il 40% del trattamento minimo INPS prima citato, cioè un totale di 10.928 euro annui. Su questo minimale deve essere applicata l’aliquota contributiva che è del 33%. In termini pratici, servono 3.606 euro per un anno intero di contributi. Sotto quella somma, un anno di lavoro non vale un anno di contributi utili alla pensione.

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