Per andare in pensione nel 2023 le misure pensionistiche in vigore nel 2023 sono diverse e con la Legge di Bilancio approvata è nata una nuova via per lasciare il lavoro a 62 anni che si chiama Quota 103. Allo stesso tempo sono state prorogate due misure che scadevano il 31 dicembre del 2022.
Una rinnovata in modalità “copia e incolla”, nel senso che non ha differenze sostanziali rispetto al 2022. E parliamo dell’APE sociale. L’altra invece rinnovata con modifiche profonde e con correttivi davvero radicali. Nemmeno il tempo di entrare in vigore che già si parla di modificare questa misura che oggi consente di lasciare il lavoro tra i 58 ed i 60 anni di età. E parliamo di opzione donna.
La nuova opzione donna, come è stata rinnovata?
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In pensione a 60 anni con 35 anni di contributi è ciò che la proroga di opzione donna consente nel 2023 a determinate lavoratici. La misura che fino allo scorso anno era basata su una distinzione tra lavoratrici autonome e lavoratrici dipendenti, adesso diventa più varia come platea ma allo stesso tempo più limitata. Entrano in atto infatti due modifiche molto importanti. Una legata ai figli, l’altra alla tipologia di soggetto che può richiedere il vantaggio di opzione donna. In pensione a 60 anni infatti dovrebbero poter andare tutte le lavoratrici che rientrano in una delle 4 fasce di tutela che vedremo dopo, a prescindere dai figli avuti. Chi ha avuto un figlio invece dovrebbe poter uscire a 59 anni di età sempre con i soliti 35 anni di contributi. Con due o più figli e con 35 anni di contributi, l’uscita sarebbe a 58 anni.
In pensione a 60 anni con 35 anni di contributi ma solo se si rientra in una di queste 4 fasce
Non tutte le lavoratrici potranno andare in pensione a 60 anni con 35 anni di contributi perché bisognerebbe rientrare in una particolare area di tutela. La misura infatti si rivolge essenzialmente a invalide con almeno il 74% di invalidità, a caregivers, a disoccupate o a chi ha il proprio lavoro a rischio per via del datore di lavoro che è una azienda che ha avviato le procedure di crisi aziendale. Per queste ultime e per le disoccupate, l’uscita dovrebbe essere garantita a prescindere dai figli, sempre a 58 anni. Usiamo il condizionale perché bisognerà attendere la circolare esplicativa dell’INPS per capire bene il da farsi con la nuova opzione donna.
Al momento sembra confermato che i requisiti devono essere maturati entro la fine del 2022. Così come è confermato il ricalcolo contributivo della prestazione. Resta il fatto che il Governo pare stia già ragionando su correggere la misura rispetto a quanto fatto adesso. Una correzione che riguarda questi limiti prima citati. A partire dai figli che sembra un vincolo discriminatorio. Come quello delle limitazioni di platea rispetto al passato, in cui opzione donna era aperta a tutte le lavoratrici con l’unica distinzione sull’età tra dipendenti ed autonome.