Qualche anno fa la Cina, in collaborazione con altre Nazioni e tra queste l’Italia, aveva iniziato a tessere una trama di alleanze economiche in quella che veniva chiamata la Nuova Via della Seta. Si trattava di un progetto caratterizzato della presenza di investimenti in infrastrutture ed accordi commerciali. Lo scopo era quello di rivedere gli equilibri e le collaborazioni intercontinentali. Infatti, ad essere coinvolte, non erano solo le Nazioni dell’Asia.
Il nome, pur evocando antiche rotte di carovanieri, indica un progetto moderno che chiama in causa anche Africa ed Europa. Adesso, però, viste le prime conseguenze della pandemia sulla catena di approvvigionamenti, in Cina la Via della Seta cambia pelle ma non la sua natura. Un cambiamento dettato anche dal capovolgimento del quadro geopolitico internazionale. Il progetto, nato nel 2013, aveva l’intenzione di coinvolgere 65 Paesi che, insieme, rappresentavano allora il 40% del PIL. In queste ultime settimane, però, si è scontrato con la realtà dei fatti, il cambiamento delle sensibilità diplomatiche e l’ingombrante guerra in Ucraina.
Per questi motivi i maxi investimenti dettati dalla volontà di sfruttare risorse in collaborazione con tutte le Nazioni, potrebbero essersi recentemente trasformati in progetti più piccoli ma allo stesso tempo maggiormente gestibili da parte di Pechino&Co.
In Cina la Via della Seta cambia strada e punta sulla flessibilità
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Un suggerimento per questa ipotesi arriva dalle cifre: nel 2019, infatti, ii capitali stanziati per portare avanti i vari progetti, arrivavano a sfiorare i 200 miliardi di dollari. Nel 2021, invece, superavano di poco i 13,5 miliardi.
Non più tardi della settimana scorsa, i capi di Stato dei cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) si erano incontrati, virtualmente, per confermare appoggi politici ed intese economiche. Parallelamente, però, le potenze occidentali, in occasione del recente meeting del G7, hanno preso le dovute precauzioni. Il presidente USA ha dichiarato, a chiusura dei lavori dell’incontro in Baviera, la nascita di un piano da 600 miliardi alternativo proprio a quello cinese.
Si chiamerà Partnership for Global Infrastructure e, tra le altre cose, avrà il compito di contrapporsi all’alleanza di Pechino, la Belt&Road Initiative (il nome della Via della Seta cinese). In altre parole dovrà “allontanare” le Nazioni che attualmente fanno parte della rete tessuta dal 2013 dalla Cina. Anche in questo caso si parla di investimenti in infrastrutture che dovrebbero arrivare entro il 2027. Non solo, ma si parla di investimenti che, per 200 miliardi, dovrebbero arrivare proprio da Washington.
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