Come è noto, l’avviso di addebito dell’INPS trova le sue regole nel D.L. numero 78 del 2010. Questo è un titolo esecutivo che somiglia molto ad una cartella esattoriale. L’INPS lo emette quando il contribuente abbia dei debiti di tipo previdenziale o assistenziale oppure debba pagare delle sanzioni (ad esempio sul ritardo). Prima dell’avviso di addebito avevamo la cartella di pagamento per crediti previdenziali.
Il D.L. 78 spiega che l’avviso di addebito deve contenere alcuni elementi essenziali, senza questi l’avviso è nullo. In particolare, l’articolo 2 impone che l’avviso contenga, tra l’altro, i dati che permettano l’esatta individuazione del contribuente. Gli estremi dell’atto per cui è richiesto il pagamento e la sua data di notifica. L’importo del credito richiesto. L’indicazione di eventuali sanzioni, more e interessi. L’Agente della Riscossione che ha la competenza. L’indicazione del responsabile INPS della pratica. Ed infine, l’ordine di adempiere.
Le cause di invalidità dell’avviso
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L’avviso di addebito è impugnabile in 40 giorni dal momento della notifica. Si impugna davanti al Tribunale del Lavoro territorialmente competente. In caso di avviso di addebito dell’INPS, i contribuenti possono impugnarne la nullità in varie ipotesi. Le principali sono essenzialmente 4. Il primo caso è quello della prescrizione o decadenza del credito che l’INPS richieda di pagare. Il termine è normalmente 5 anni, che decorre dal momento in cui l’INPS avrebbe potuto chiedere l’assolvimento del debito. La prescrizione è prevista dall’articolo 3 Legge 335 del 1995.
Se si avessero dubbi legati alla sospensione della prescrizione nel periodo di emergenza pandemica, è possibile consultare l’apposita circolare dell’INPS a riguardo. L’articolo 2931 comma 8 prevede, però, che si ha sospensione della prescrizione del credito quando il debitore abbia occultato la presenza del suo debito. La sospensione dura fino a quando il dolo del contribuente non venga scoperto.
In caso di avviso di addebito dell’INPS, i contribuenti possono impugnarne la nullità ed evitare di pagare in vari casi non solo per prescrizione e decadenza
Può capitare che l’Agenzia delle Entrate accerti che un contribuente ha un maggior reddito di quello dichiarato. E che sulla base di tale accertamento l’INPS gli chieda dei contributi maggiorati. La giurisprudenza afferma che questo non è possibile. Infatti, questione fiscale e questione previdenziale, secondo i giudici, rimangono separate. E se l’INPS richiede al contribuente maggiori somme, deve provare la sua pretesa, e non è sufficiente allegare l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
Un’altra possibile causa di impugnazione dell’avviso è la sua indeterminatezza. Il contribuente deve, infatti, sempre verificare che l’avviso contenga gli elementi richiesti dall’articolo 2 D.L. 78. In particolare, la giurisprudenza ha annullato un avviso di addebito che indicava il credito solo genericamente. E, invece, non identificava le varie somme dovute per ciascun anno di imposta, così come la loro ripartizione tra credito principale, mora, sanzioni e interessi.
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