La morte di un animale può rappresentare un trauma. Ormai la giurisprudenza ha affermato da tempo il valore intrinseco degli animali da compagnia. Non si tratta, giuridicamente, di sole pertinenze ed oggetti. Ma di creature in grado di arricchire la nostra vita emozionale. Spesso le affidiamo nelle mani di professionisti che svolgono uno straordinario sforzo per salvarli e restituirli alle nostre mani, però non sempre tutto va per il verso giusto.
Raramente potrebbe capitare che qualche grave e colpevole errore da parte del professionista causi la morte di un animale in cura. In questi casi è legittimo richiedere il risarcimento per il danno contrattuale subito.
Infatti il veterinario in cambio di una somma di denaro si obbliga ad eseguire un lavoro di supervisione e cura, con la diligenza data dal proprio ruolo ed esperienza. Quando questa, colpevolmente, non viene impiegata ne potrebbe dover rispondere il veterinario imprudente, realizzando i relativi risarcimenti.
Ultimamente la giurisprudenza ha indicato anche quali sono le condizioni per ottenere quello che una volta veniva chiamato “danno esistenziale”. Si tratta cioè del danno di natura affettiva causato dalla perdita del proprio animale da compagnia.
I requisiti per ottenere la relativa somma
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Il veterinario potrebbe risarcire non solo i danni patrimoniali, ma anche quelli non patrimoniali. Questo però è vero a certe condizioni, come ha spiegato la sentenza del Tribunale della Spezia n. 660/2020.
In pratica, la disputa riguardava la morte di un cane dovuta alle negligenze di una clinica veterinaria. Il danneggiato chiedeva che fosse corrisposto a titolo risarcitorio non solamente il valore economico del cane (oltre alle spese veterinarie). Ma che venisse anche riconosciuto il danno non patrimoniale, dovuto al dolore emotivo causato dalla perdita dell’amato cane.
Nel caso concreto il giudice ha deciso di non riconoscere l’attribuzione della somma, ma ha nello stesso tempo fornito degli interessanti criteri che ne permetterebbero il riconoscimento. Non basta il solo dato oggettivo della morte dell’animale per quantificare un danno del genere. Questo deve essere accompagnato da alcune prove.
Per raggiungerle, però, possono bastare alcune presunzioni, purché siano gravi, precise e concordanti. Il danneggiato avrà dunque una maggiore possibilità di vedere riconosciuto il valore per il proprio affetto, se il giudice riesce a comprendere tramite presunzioni la sofferenza patita.
Il veterinario potrebbe risarcire non solo i danni patrimoniali causati dalla morte del nostro animale ma anche questa importante cifra
L’affetto del cane diventa così parte della tutela della personalità individuale contemplata dall’art.2 della Costituzione.
Ricordiamo, però, che possedere un animale comporta grandi responsabilità anche per il padrone. Proprio per questo motivo, se non stiamo attenti, potremmo dover risarcire somme immense anche in un momento in cui non ci sentiamo responsabili. Non si tratta dell’aggressione di un cane nei confronti di altre persone, ma di una situazione che potrebbe capitare a tutti.
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