Il summit dei Brics in Sudafrica segna l’inizio di una nuova era o sarà l’ennesima falsa partenza?

Summit Brics-Foto da pixabay.com

Le aspettative intorno al 15° vertice dei paesi Brics, che quest’anno si è tenuto in Sudafrica, erano molto elevate, già alla vigilia. Per anni trascurato dalla stampa internazionale, che poco si era curata dei precedenti quattordici vertici, il summit dei Brics di quest’anno sta invece occupando le prime pagine dei giornali ed i titoli dei notiziari televisivi.

La situazione geopolitica globale è infatti in rapido mutamento e gli attori influenti giocano su più tavoli, uno dei quali sembra essere quello dei Brics. Secondo molti analisti il blocco dei paesi Brics, un tempo definiti come paesi emergenti, vorrebbe aumentare la sua influenza geopolitica, incidendo sugli attuali assetti globali. Ma in che modo esattamente? Vediamolo più nel dettaglio.

Un’ampia partecipazione, soprattutto africana, al summit dei Brics

Al 15° vertice Brics sono stati invitati, oltre ai cinque del gruppo, ben sessantanove paesi, tra cui tutti quelli del continente africano. Nel novero degli invitati sembra che circa quaranta abbiano manifestato una qualche intenzione di aderire al blocco, ma sono in realtà 23 quelli che hanno presentato una formale domanda di adesione. Tra di essi troviamo alcuni pesi massimi africani come l’Egitto Etiopia o Algeria, ricchi stati del Golfo come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, paesi sotto sanzioni internazionali come Iran, Venezuela e Bielorussia, o stati fortemente indebitati come Argentina e Bangladesh. Il primo dato sembra quindi quello della rappresentazione del blocco dei Brics come un nuovo attrattore globale per nazioni non appartenenti al mondo occidentale, in concorrenza con formati come il G7 o il G20.

Divergenze di vedute in seno al blocco

Questo primo aspetto, di apparente attrazione e consenso diffuso, viene presentato e narrato dai Brics, sulla scena mediatica globale, in funzione di influenza geopolitica. Ma la realtà dei rapporti, tra i paesi del gruppo Brics riflette una realtà assai più complicata che l’allargamento non potrà che aggravare. Sull’allargamento dei Brics vi sono state infatti ampie divergenze di vedute, sia quantitative che, potremmo dire, qualitative. Non tutti i membri di questo gruppo erano, infatti, concordi su quanti e quali nazioni avrebbero avuto il placet per accedere al blocco.

La più “entrista”, per così dire, sembra essere la Federazione russa, le cui esigenze, in questa fase storica, sono quelle di rompere il più possibile l’isolamento internazionale che l’ha colpita a seguito alle sanzioni occidentali. Seguita dalla Cina, sempre a caccia di clienti cui vendere il suo surplus produttivo o il sogno sbiadito delle Nuove vie della Seta. Gli altri tre partner, Brasile, India e Sudafrica, ciascuno per ragioni diverse, si sono da subito mostrati tiepidi ad un allargamento di massa ed hanno preteso che si codificassero, per iscritto, dei criteri di ammissione ben precisi.

Uno storico allargamento o un caotico assembramento?

Nella giornata del 24 agosto il summit dei Brics si è concluso e molti commentatori hanno parlato di storico allargamento del blocco dei Brics, dopo l’ammissione di sei nuovi membri: Egitto, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran ed Argentina. Sarà molto complicato rintracciare in questo gruppo di undici stati una comunanza di strategia economica, politica, commerciale e poterne definire un qualche carattere comune, in senso geopolitico. Le divergenze erano già numerose quando i Brics erano in cinque.

Come influirà adesso su questo eterogeneo assembramento di stati, per fare solo due esempi, il conflitto tra Etiopia ed Egitto sulle risorse idriche, vitali per ciascuno dei due paesi? Reggerà la prova del tempo la recentissima e fragile tregua tra Iran ed Arabia Saudita, fino a ieri acerrimi nemici, mentre le macerie nel conteso Yemen sono ancora fumanti? E quale potrà essere il peso dei piccoli Emirati Arabi in tale consesso? Quali le prospettive per un paese in eterno default come l’Argentina? Tutti interrogativi di non facile risposta ma che sembrano portatori di caos disordinato, in seno ai Brics, più che di strategia comune ed ordinata.

Il summit dei Brics e strumenti geopolitici per accerchiare l’Occidente da sud?

Molti di questi nuovi paesi rischiano pertanto di diventare strumenti per strategie di paesi con ambizioni imperiali, Russia e Cina su tutti. Da parte cinese si può intuire un certo interesse energetico verso paesi potenzialmente fornitori di greggio come Arabia Saudita ed Iran, o di gas naturale liquido, come gli Emirati Arabi, per non parlare dei forti legami commerciali che ha stretto con l’Etiopia. Da parte russa sembra delinearsi una strategia di accerchiamento del blocco Nato da Sud, che farebbe perno sull’Egitto e sulla confinante cirenaica libica dove Mosca ha basi aeree.

Il quadrante che va dal Canale di Suez allo Stretto di Bab al Mandeb, si potrebbe definire quasi un mare interno dei Brics poiché va dall’Egitto all’Iran passando per le due petro-monarchie arabe ed il retroterra etiope del Corno d’Africa. Qualunque politica per il controllo e lo sviluppo del c.d. Medierrraneo allargato dovrà, d’ora in poi considerare che i due colli di bottiglia che mettono in relazione l’Indo-pacifico con il Mare nostrum potrebbero sfuggire al controllo occidentale, vedendo magari una maggiore presenza militare di autocrazie ostili.

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