Domenica 14 maggio è andato in scena, in Turchia, l’atteso duello elettorale tra il “sultano” Erdogan, al potere da circa vent’anni, e lo sfidante Kilicdaroglu. La situazione di equilibrio della vigilia, con i due candidati dati dai sondaggi molto vicini nei consensi, si è materializzata nelle urne che hanno assegnato al Presidente in carica un 49,24%, contro il 45% circa del suo contendente.
L’affluenza record, di oltre il 90%, ha probabilmente premiato di più il cartello di opposizione, detto il Tavolo dei sei, che si è giovato di una maggiore partecipazione giovanile, di quanto non fosse stato previsto nei pronostici.
Anche il voto curdo ha verosimilmente penalizzato il risultato di Erdogan, consentendo al suo rivale di partire da una buona base di consensi, per il voto di ballottaggio che si terrà tra due settimane.
Il sultano Erdogan va al ballottaggio: le incognite
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L’attenzione dei media e dell’opinione pubblica turca è ora diretta verso il terzo arrivato nel ranking dei candidati alla Presidenza della Repubblica di Turchia: Sinan Ogan che ha ottenuto poco più del 5% dei consensi.
Quest’ultimo, appoggiato dallo schieramento nazionalista ATA, potrebbe recitare il ruolo di ago della bilancia nel secondo tempo della contesa elettorale.
Il cinquantacinquenne Ogan, di formazione economico-finanziaria, dopo l’elezione a deputato nel 2011, ha militato, fino alla sua espulsione avvenuta nel 2015, nel partito MHP, tradizionale alleato di Erdogan.
Viene sovente accusato di nazionalismo estremo e di tenere posizioni xenofobe, soprattutto nei confronti dei rifugiati siriani che hanno trovato riparo oltre confine, dopo lo scoppio della guerra in Siria.
Finora Sinan Ogan non si è espresso né a favore dell’uno né dell’altro candidato, mantenendo una sospetta ambiguità che farebbe pensare a trattative nascoste con entrambi i protagonisti del ballottaggio.
Le ripercussioni internazionali
A seconda di chi uscirà vincitore dal ballottaggio, che si terrà il 28 maggio, si potrebbe profilare un diverso orientamento nella politica estera di Ankara.
Il secondo arrivato, Kilicdaroglu, ha fatto pubblicamente sfoggio di un europeismo molto pronunciato, tanto da invocare la riapertura delle trattative, da tempo congelate, per l’adesione della Turchia all’UE. Ha inoltre manifestato un forte sentimento atlantista, perlomeno a parole, strizzando l’occhio agli Stati uniti ed alla sua politica di contrapposizione a Russia e Cina.
Infine, il suo laicismo, di marca kemalista, sembra marcare una certa distanza dall’avversario Erdogan che, in questi anni, ha fatto largo uso dell’Islam politico come strumento di politica estera.
Le reazioni della Borsa turca
L’indice azionario turco BIST-100 ha perso il 6,4%* dopo il primo turno di domenica. Il mercato ha prezzato il risultato del presidente in carica Recep Tayyip Erdoğan. Il “Sultano” ha ottenuto un risultato migliore di quanto suggerito dai sondaggi, con il 49,5% dei voti contro il 44,9% dell’opposizione.
*La lira turca è scivolata dello 0,5% e si è attestata a 19,70 contro il dollaro USA, un minimo storico*. Il valore della valuta è crollato di oltre il 40% lo scorso anno. *Le politiche economiche eterodosse di Erdoğan hanno alimentato livelli di inflazione da capogiro*.
L’incertezza ha anche aumentato il costo dell’assicurazione sui titoli di Stato turchi. *Il CDS è salito del 27%, al livello più alto da novembre*, secondo i dati di S&P Global Market Intelligence.
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