Niente da fare per Quota 41 per tutti, perché la misura tanto cara alla Lega, e che molti lavoratori vorrebbero, non verrà varata. Questo ciò che ormai appare certo in vista della Legge di Bilancio 2023. Ma ciò non vuol dire che la misura sia ormai definitivamente cancellata dall’agenda del Governo. Infatti tutto è posticipato agli anni a venire, quando la riforma del sistema previdenziale dovrà essere per forza varata. Il ritorno della pensione con Quota 96, oggi sarebbe possibile?
Nel frattempo tra nostalgia e sogni, ecco che qualcuno auspicherebbe un ritorno al passato, magari ripartendo da alcune misure precedenti la tanto discussa riforma Fornero.
Il ritorno della pensione con Quota 96 e perché si parla di combinazione 60+35
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La riforma Fornero nacque per via di una grave crisi economica tra il 2011 ed il 2012. Tutti si ricordano la fine del Governo Berlusconi, l’accordo per il Governo tecnico di Mario Monti, lo spread impazzito e i provvedimenti “lacrime e sangue” dell’allora Ministra del Lavoro Elsa Fornero. Da quel momento sulle pensioni l’accusa è stata sempre la stessa, e cioè che il Governo utilizza i pensionati come fossero una specie di bancomat. Perché proprio sulle pensioni si è abbattuta la scure di una riforma (quella della Fornero, ndr), che spostò di molto i requisiti previdenziali da centrare.
Cancellando alcune misure fino a quell’epoca, molto utilizzate per andare in pensione. Una era la pensione di anzianità, che si centrava a 40 anni di contribuzione versata. Questa misura fu sostituita dalla pensione anticipata, che come tutti sanno oggi si completa con 42 anni e 10 mesi di contributi a cui aggiungere 3 mesi di finestra mobile. Ma la riforma Fornero chiuse anche con la Quota 96, una misura che era parallela alla pensione di anzianità, e molto nota a quell’epoca. E la nostalgia è tanta, perché ritornare alla Quota 96 adesso sarebbe una soluzione ideale per portare ossigeno alla flessibilità in uscita di cui il sistema ha stretta necessità.
Come potrebbe funzionare oggi
La Quota 96 funzionava in maniera tale che una volta arrivati a 60 anni, i lavoratori che avevano anche 35 anni di contributi, potevano iniziare a preparare la loro quiescenza, puntando a raggiungere proprio Quota 96.
Sommando età e contributi, con valide anche le frazioni di anno tanto per l’età che per i contributi, arrivando a Quota 96 il lavoratore sarebbe libero di andare in pensione. Questa misura rispetto al passato, oggi potrebbe essere varata con alcune limitazioni. Innanzi tutto si potrebbe parlare di ricalcolo contributivo della prestazione. Perché il taglio di assegno graverebbe sul lavoratore a vita e renderebbe l’uscita poco conveniente per molti. Ma allo stesso tempo, ridurrebbe il costo di queste uscite anticipate per lo Stato. E come si sa le casse dell’INPS non sono floride. Un taglio passando dal calcolo misto a quello totalmente contributivo, che si sommeranno ad altri due tagli che subirebbero i pensionati.
Il primo è oggettivo, perché terminando a 35 anni o poco più la carriera, senza arrivare a 42 anni e 10 mesi, sono quasi 8 anni in meno di contributi. Che ridurrebbero l’assegno. Inoltre uscire a 60 anni come coefficiente di trasformazione dei contributi in pensione, è molto penalizzante rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia ordinaria. Se queste limitazioni non bastano, allora ecco che si potrebbe utilizzare la platea dei lavori gravosi e di quelli usuranti, per ripristinare la vecchia Quota 96. Limitandola a chi svolge lavori talmente pesanti, da sconsigliare la permanenza in attività a tarda età.