Il ritorno del lupo grigio: la Turchia in marcia verso l’Asia centrale

Bandiera della Turchia-Foto da pixabay.com

Dopo il collasso dell’Unione sovietica, nel 1991, la Turchia, uscita dal rigido schema bipolare Nato-Patto di Varsavia, ha ricominciato a guardare il mondo circostante con occhi diversi, riacquistando gradualmente il suo pensiero imperiale. La disgregazione dei Balcani, teatro dell’implosione jugoslava ma, soprattutto la frammentazione post-sovietica, hanno fornito alla Repubblica turca diverse occasioni per riscoprire il suo passato. Dapprima in versione neo-ottomana, attraverso gli interventi a protezione dei musulmani di Bosnia e poi dei kosovari separatisi da Belgrado; in parallelo però ricominciava la marcia turca verso est, per ripercorrere, a ritroso, la via del lupo grigio, simbolo mitologico della fondazione anatolica. Il ritorno del lupo grigio: la Turchia in marcia verso l’Asia centrale.

La leggenda

Racconta infatti la leggenda che una tribù a rischio di estinzione, fuggita dalle pericolose e selvagge valli dell’Asia centrale, trovò la via per la salvezza grazie alla guida di un lupo grigio, animale totemico dotato di poteri soprannaturali, in grado di fondere la montagna e creare il passaggio verso la terra promessa dell’odierna Turchia. I miti di fondazione, al pari delle epopee guerresche o delle leggende popolari, spesso riflettono la cultura e la fibra antropologica di un popolo. Ciò vale ancora di più per i turchi, che questa loro origine centro-asiatica hanno sempre sentito come costitutiva di una precisa identità e che ora stanno orgogliosamente riaffermando.

Se nella proiezione verso i Balcani, oppure verso il Nord-Africa ed il Medio-Oriente, la Turchia indossa il vestito del c.d. neo-ottomanismo o dell’Islam politico, con richiami al perduto Impero della Sublime porta, nella sua postura geo-culturale verso l’Asia centrale si manifesta qualcosa di più profondo, che viene prima dell’Impero ottomano e dell’adesione all’Islam. Il fattore linguistico e culturale è in questo caso la madre di tutte le identità e permea sia il l popolo come che l’élite turca, spingendola a cercare lo spazio perduto verso oriente.

Da qui nasce, per mano di Ankara la OST, ovvero l’Organizzazione degli Stati Turchi che comprende anche l’Azerbaigian, il Kazakhstan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan come membri a pieno titolo, oltre ad Ungheria ed alla non riconosciuta Repubblica turca di Cipro nord come osservatori.

Caratteristiche

Questa organizzazione rappresenta il braccio politico e geopolitico di Ankara nella visione della futura costruzione di un Commonwealth o di una Federazione di Stati di matrice turcica che qualcuno vede come una sorta di Unione europea.

Il braccio, o meglio, le braccia culturali sono invece costituite dalla Tika e dalla Maarif Foundation. La prima, il cui acronimo sta per Agenzia turca per la cooperazione e lo sviluppo, fornisce aiuti allo sviluppo e programmi educativi ai paesi dell’Asia centrale ex sovietica, mentre la seconda agisce sul piano più strettamente culturale.

Questo complesso di organizzazioni che agisce sul piano del soft power, per conquistare cuori e menti dei popoli del centro Asia, va poi ad integrarsi con azioni di natura più materiale, che hanno a che fare con progetti infrastrutturali ed energetici.

Il ritorno del lupo grigio

Uno di questi è il progetto del Middle Corridor, che si inserisce nel Grande gioco della connettività eurasiatica come una sorta di pivot attorno al quale si giocano gli interessi non solo della Turchia, ma anche della Cina, della Russia e, in prospettiva dell’India.

Infatti questo corridoio, il cui nome ufficiale è Transcaspian International Transport Route (TITR), è particolarmente caldeggiato da Pechino, che lo ha da tempo inserito nel suo noto progetto BRI, le c.d. nuove vie della seta cinesi. Esso passerebbe per l’Uzbekistan, il Kirgizistan, il Kazakhstan e, dopo aver attraversato il Mar Caspio, raggiungerebbe la Turchia passerebbe per Azerbaigian e Georgia grazie alla già esistente linea ferroviaria Baku, Tbilisi, Kars.

Ciò che si può cogliere, da questa breve analisi, è la determinazione da parte di Ankara ad agganciare in ogni modo a sé i destini dell’Asia centrale di lingua e cultura turca, utilizzando una strategia multidimensionale che sembra stia già producendo i suoi frutti.

La vastità del c.d. “mondo turco”, che nelle evocative parole di un vecchio Presidente della Repubblica, Suleiman Demirel, si estenderebbe “dal Mar Adriatico alla Grande Muraglia cinese”, non può lasciare indifferenti gli analisti europei e men che meno quelli italiani che vantano storici rapporti con Ankara e nuovi importanti legami con l’Azerbaigian ed il Kazakhstan.

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