L’ennesimo colpo di Stato in Africa occidentale. Il Niger ha aperto un nuovo fronte di crisi nell’area calda del Sahel dopo che un colpo di Stato militare ha esautorato, de facto, il Presidente Bazoum. Il golpe militare ha però assunto una portata che va al di là della dimensione geografica locale nigerina. In altri tempi non si sarebbe data particolare attenzione all’insediamento di una giunta militare in un paese africano piuttosto sconosciuto all’opinione pubblica occidentale. Ma oggi la globalizzazione, la sempre più aspra competizione geopolitica per le risorse strategiche ed il rischio di un’espansione del radicalismo islamico rendono il caso del Niger non marginale, ponendolo al centro di un contesto più ampio e complesso. Il Niger e l’area calda del Sahel africano: cosa attendere?
La filiera dell’uranio
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Secondo dati della World Nuclear Association, aggiornati al maggio del 2023, il Niger possiede due significative miniere di uranio che forniscono circa il 5% della produzione mondiale dello strategico minerale. Il paese africano si colloca pertanto al settimo posto tra i produttori mondiali di questa risorsa, usata soprattutto come combustibile per le centrali nucleari ma impiegato anche nel settore degli armamenti ed in quello biomedicale. Tra il 2005 e il 2020, il Niger è stato il terzo esportatore di uranio in Francia, con il 17,9% delle forniture totali (24.787 tonnellate), secondo i dati Euratom, un’organizzazione pubblica europea.
Il Kazakistan è al primo posto con il 20,1% (27.748 tonnellate) di tutte le esportazioni e l’Australia è al secondo posto con il 18,7% (25.804 tonnellate). Secondo l’Agenzia di approvvigionamento della Comunità europea dell’energia atomica, nel 2021 il Niger è stato il primo fornitore di uranio dell’UE, seguito da Kazakistan e Russia. Nel 2022, il Niger è stato il secondo esportatore di uranio naturale dell’UE con il 25,38%.
Il prezzo dell’uranio è leggermente aumentato dopo il colpo di stato. Secondo UxC, una società di consulenza, i prezzi potrebbero aumentare nelle prossime settimane. Il prezzo a pronti dell’uranio è salito lunedì a 56,25 dollari la libbra rispetto ai 56,15 dollari della settimana precedente. Il prezzo è raddoppiato negli ultimi tre anni, e il potenziale per un ulteriore apprezzamento è ampio: nel 2007 ha raggiunto un picco di 140 dollari
La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale e l’Unione Monetaria ed Economica dell’Africa Occidentale hanno imposto sanzioni severe a Niamey dopo il colpo di stato.
Il Niger e l’area calda del Sahel africano: con effetto immediato, il blocco ha sospeso tutte le transazioni commerciali con il Niger. Ha congelato i beni dello Stato nigerino presso la banca centrale regionale e ha congelato i beni dello Stato e delle imprese statali presso le banche commerciali e ha sospeso tutta l’assistenza finanziaria presso le banche di sviluppo regionali.
Le sanzioni finanziarie potrebbero portare a un’insolvenza nei pagamenti del debito del Niger.
Lunedì, un’emissione obbligazionaria da 30 miliardi di franchi CFA (51 milioni di dollari) prevista dal Niger sul mercato del debito regionale dell’Africa occidentale è stata cancellata dalla banca centrale regionale in seguito all’imposizione delle sanzioni. Il Niger aveva previsto di raccogliere 490 miliardi di franchi CFA (834 milioni di dollari) dal mercato regionale del debito nel 2023.
La competizione globale per le materie prime strategiche nel continente nero
La situazione francese, rispetto all’approvvigionamento di uranio, si colloca in un più ampio quadro di competizione globale per la fornitura di materie prime strategiche, che vede il continente africano al centro dell’attenzione di molte potenze. Gli ex colonizzatori europei come Francia, Belgio, Inghilterra, Olanda ed in misura minore Italia, Spagna e Portogallo rimangono interessati alle risorse strategiche africane. Ma, negli ultimi decenni, paesi come Cina, Russia e Turchia hanno cominciato ad attuare una politica di tipo “estrattivo” in diversi paesi del continente nero, spesso mascherata con accordi di cooperazione economica, culturale o militare.
La Cina di solito agisce attraverso la c.d. “trappola del debito”, prestando ingenti somme a Stati quasi falliti che non sono in grado di restituirle. Le clausole contrattuali capestro prevedono sovente la cessione, in uso gratuito, di infrastrutture strategiche, come porti, scali ferroviari o impianti minerari. La Russia, invece, si muove soprattutto attraverso lo schema reso famoso dalla Wagner: assistenza militare agli eserciti locali e sorveglianza armata delle infrastrutture energetiche e produttive, come gasdotti, elettrodotti, oleodotti e miniere, allo scopo assumerne il controllo economico.
Il Niger e l’area calda del Sahel africano: le risorse idriche come arma di pressione
Anche le risorse idriche della zona saheliana, soprattutto quelle dell’immenso Lago Ciad sono da tempo al centro di scontri geopolitici e geoeconomici. A tal proposito vi è chi parla di diplomazia dell’acqua, quando tale risorsa venga usata come strumento per comporre dei conflitti, ma vi è anche chi si riferisce alla weaponizzazione dell’acqua, quando questa viene usata come una vera e propria arma da uno Stato contro un altro.
Nel Sahel il tema delle risorse idriche è particolarmente sensibile poiché è una delle zone più siccitose del continente, aggravata dal cambiamento climatico degli ultimi anni. Inoltre, il progressivo prosciugamento del Lago Ciad, enorme bacino di approvvigionamento per molti Stati della regione, ha creato molte tensioni tra i vari paesi cui fornisce risorse idriche. Tutto ciò ha innescato crisi alimentari ed ha impoverito le popolazioni locali che si basano su un’agricoltura di sussistenza e sull’allevamento del bestiame, andando dunque ingrossare le fila del jihadismo islamico.
La rete del radicalismo islamico nel Sahel ed il corridoio dei flussi migratori
Infatti, proprio la crisi del Lago Ciad, aggravata dalle guerre civili nelle vicine Libia e Sudan, unita poi alla presenza in Nigeria di Boko Haram e in Mali dell’Isis, ha favorito, in questa fascia subsahariana, lo sviluppo di un ambiente favorevole allo sviluppo di estese reti dell’islam radicale. Questi network hanno dato vita ad un’economia parallela, ovviamente criminale, basata su traffici illeciti di ogni genere: droga, armi, flussi finanziari fantasma ed organizzazione di corridoi per l’immigrazione illegale dall’Africa centrale fino alle coste del Mediterraneo. Va ricordato che fino a pochi giorni fa il Niger era considerato uno dei pochi Stati del Sahel dotati di una certa stabilità e pronto a cooperare strettamente con l’Europa e gli Usa. Il recente golpe militare, con tanto di cortei inneggianti a Putin per le strade della capitale Niamey, ha frantumato definitivamente questa ennesima illusione occidentale.
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