Un confronto con il Dottor Bruno Zuccarelli, Presidente dell’Ordine dei Medici, Chirurghi e odontoiatri di Napoli e Provincia. Sul tavolo le condizioni della Sanità Pubblica meridionale e campana in particolare.
Anni di commissariamento, la fuga dei camici bianchi dalle corsie, condizioni di lavoro aberranti, pazienti abbandonati al destino. In questo scenario “infernale”, il Presidente Zuccarelli lancia un appello. Il Ministero della Salute assuma una posizione di supervisione e controllo affinché in ogni Regione siano garantiti i livelli essenziali di assistenza.
La settimana scorsa il sindaco di Benevento Clemente Mastella ci ha parlato di una previsione “tombale” per la Sanità in Campania. Come stanno le cose?
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«La mia risposta è concisa e incisiva. Da dieci anni ad oggi c’è stata una pessima programmazione, pressoché inesistente direi. Oggi ci ritroviamo senza medici specialisti né medici di medicina generale. Usciamo adesso da anni di commissariamento e già all’epoca dicevamo che senza un’adeguata programmazione saremmo finiti in un baratro. A questo va aggiunta la qualità del lavoro dei medici. Fino a qualche mese fa erano considerati eroi, oggi sono minacciati, aggrediti ed effettuano turni di lavoro massacranti. Molti scappano dalla Sanità Pubblica o chiedono il pensionamento anticipato.»
L’autonomia differenziata ci “aiuta” o ci danneggia ulteriormente?
«La modifica del titolo V della Costituzione ha alterato un equilibrio che prima tutto sommato c’era. L’arrivo del Covid ha dimostrato come la Lombardia e l’Emilia, regioni che almeno nel nostro immaginario rappresentano un’eccellenza, hanno affrontato in modo differente l’emergenza. E il sistema è andato in affanno. Quindi l’autonomia va bene ma occorre porre dei vincoli precisi. Il Ministero della Sanità dovrebbe agire in modo tale da garantire livelli essenziali di assistenza in tutte le Regioni invece oggi molto è delegato al Ministero dell’Economia. In Campania poi da anni riceviamo finanziamenti sottostimati perché decisi in base alla qualità di vita e al PIL dell’area, che sono molto bassi.»
In questi giorni in alcune sale cinematografiche è in programma la proiezione del docufilm dal titolo “C’era una volta in Italia” che ha per oggetto la chiusura dell’Ospedale di Cariati in Calabria. Secondo alcuni, i tagli non dovrebbero mai esserci nella Sanità perché ne vale la vita delle persone…. Cosa ci dice in merito?
«Ci sono stati abusi in passato soprattutto nella gestione di appalti e gare con sperpero di denaro pubblico. Basta vedere e leggere le Sentenze per capirlo. Non diciamo nulla di nuovo e la chiusura di un ospedale può avere anche senso se ce ne sono altri sicuri.»
In che senso “sicuri”?
«Mi riferisco ad ospedali che funzionano, dove il cittadino trova (a tutte le ore) le competenze necessarie per essere preso in carico. Abbiamo subìto tagli e chiusure indiscriminate, senza una pianificazione minuziosa e chirurgica. Cioè ci sono stati tagli senza investire e rendere più efficienti altre strutture ospedaliere che nel frattempo andavano potenziate. Questo significa che la salute non viene curata in modo efficiente.» Così spesso finire in ospedale è come vivere “Il girone dell’Inferno”: Sanità al collasso, medici stremati e pazienti senza cure.
Dove finiremo? Dove porterà “il girone dell’Inferno”?
«Rischiamo di trovarci impreparati di fronte ad emergenze come quella del Covid. La Sanità purtroppo diventa come uno sportello Bancomat dove si preleva e non si investe, fermo restando che non bisogna sperperare. Curare bene la salute di una persona significa ridurre al minimo i periodi di assenza dal lavoro. Quindi ne vale appunto (anche) il lavoro, la produzione e il benessere generale di un territorio.»
Per molti, ammalarsi e finire in ospedale al Sud è di per sé una condanna al Purgatorio: mancanza di organizzazione e lentezza nelle prestazioni, disumanità, condizioni igieniche spesso molto precarie…. Quanto durerà ancora?
«Oggi andare in Ospedale significa entrare in un girone dell’inferno. I medici e gli infermieri sono insufficienti, i numeri del personale sono bassissimi. Negli anni di commissariamento abbiamo perso tra i 14 e 16mila sanitari (tra medici, infermieri e personale sanitario). Ne abbiamo recuperato 6-7mila ma nel frattempo molti vanno in pensione e le condizioni di lavoro sono assurde. Ci sono medici al Pronto Soccorso che lavorano per 7-8 notti di seguito e vengono travolti da una valanga di pazienti in emergenza. Si tratta di un problema quantitativo, di numeri che non ci sono. Alcuni ospedali sono stati chiusi perché non ritenuti sicuri, cioè non in grado di soddisfare le esigenze dei cittadini. Prevedo i prossimi 2-3 anni saranno davvero difficili anche perché i medici sono spaventati, non si presentano ai Concorsi Pubblici. E quando lo fanno e vincono, dopo pochissimi mesi, vanno via.»
“Il girone dell’Inferno”: Sanità al collasso nel Mezzogiorno e in Campania soprattutto. In chiusura, cosa lasciamo ai nostri lettori?
«Un appello al cittadino perché si difenda il Servizio Sanitario Nazionale dove mancano finanziamenti e una programmazione ordinata e oculata. La Sanità deve essere una priorità del Paese e garantire livelli essenziali di assistenza ovunque e per questo è necessario un’azione di controllo centrale in seno al Ministero della Sanità.»