Il datore di lavoro paga lo stipendio al dipendente in risposta ad una prestazione d’opera, ma cosa fare se non viene corrisposta la retribuzione? Può accadere che a fronte dell’espletamento delle proprie mansioni, il lavoratore non riceva il salario preventivamente pattuito. Nell’antica Roma i soldati delle legioni ricevevano sale in cambio delle prestazioni militari, da cui il termine salario. Attualmente il lavoratore attende l’accredito sul conto o la consegna sue proprie mani della retribuzione in moneta sonante. Nell’orizzonte di un rapporto di lavoro subordinato, il datore ha l’obbligo di erogare il riconoscimento economico della produzione del dipendente.
Non firmare la busta paga
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Ammesso che siate impulsivi non conviene battere il sentiero legale almeno in prima battuta. Cerchiamo di capire cosa fare se il datore di lavoro non paga lo stipendio senza dover ricorrere alla costosa consulenza dell’avvocato. Pur evitando finché possibile l’assistenza legale, resta fermo il diritto del lavoratore di ricevere la retribuzione pattuita secondo contratto ed entro i termini stabiliti. La prima forma di tutela consiste di sicuro nel non apporre la propria firma sulla busta paga perché ciò attesterebbe l’avvenuta ricezione del salario. La firma della busta paga per quietanza penalizza il dipendente ed estende oltremodo i tempi burocratici nel caso si intenti una causa ordinaria.
Cosa fare se il datore di lavoro non paga lo stipendio
Prima di far leva sull’assistenza di un legale, il dipendente può inviare al datore una lettera in cui richiede la retribuzione monetaria. Nel caso in cui la lettera di messa in mora non dovesse avere esito positivo, il lavoratore avrà facoltà di interpellare la Direzione Territoriale del Lavoro per il cosiddetto “tentativo di conciliazione facoltativo”. Esistono dei moduli prestampati ad hoc che il dipendente potrà limitarsi a compilare ed inviare alla Commissione. Tanto la stesura della lettera di messa in mora quanto la compilazione del suddetto modulo non richiedono spese, né l’intervento dell’avvocato.
Altra via percorribile per il recupero della retribuzione è quella, ben più onerosa per il datore di lavoro, che implica una conciliazione monocratica. Qualora il dipendente la richiedesse alla Direzione Territoriale del Lavoro scatterebbero controlli e verifiche a più ampio raggio. In tal caso, gli ispettori del lavoro allertati avvierebbero accertamenti sul rispetto delle norme sul lavoro e sul versamento dei contributi.
Il decreto ingiuntivo scatta a seguito dei falliti e reiterati tentativi di conciliazione, quando cioè il lavoratore è costretto ad intentare causa al suo datore. Solitamente a distanza di tre o quattro mesi dalla presentazione del ricorso, il giudice convoca le parti e ingiunge al datore il pagamento dello stipendio.