Puntuale come un orologio svizzero, ogni 3 mesi milioni di correntisti subiscono l’imposta di bollo. Si tratta di un’imposta prevista per legge e che non prevede alcun adempimento da parte del correntista tenuto a pagarla. In questo caso, infatti, l’intermediario finanziario (Poste Italiane o l’istituto bancario) gira l’ammontare dovuto allo Stato.
Il suo importo è diverso per le persone fisiche e per quelle giuridiche. Nel primo caso (i privati) è pari a 34,20 euro mentre passa a 100 euro nel caso delle persone giuridiche.
Questi addebiti possono essere applicati una volta l’anno (il 31 dicembre) oppure frazionati. In tal caso spesso l’addebito è trimestrale ed oggi, 30 settembre, cade appunto il terzo trimestre del 2021. Il prelievo sarà pari a 8,55 euro e coinvolgerà i conti che prevedono, appunto, la tassazione trimestrale.
Quindi anche il 30 settembre molti pensionati hanno perso soldi sul conto quando potrebbero agire così.
L’imposta che fa perdere soldi
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Precisiamo subito che quest’imposta non colpisce solo i pensionati. Questa tassa si applica infatti ad ogni singolo conto la cui giacenza media sia superiore a 5mila euro. Pertanto basterebbe avere una giacenza inferiore a questa soglia (o avere questo ISEE, come abbiamo visto) per evitare di pagarla.
Al crescere della giacenza sul conto, il suo importo rimane immutato, cioè non è progressiva come l’IRPEF.
Inoltre, l’importo dell’imposta non varia nel caso in cui il conto corrente sia cointestato. L’imposta è legata al conto (meglio: alla sua giacenza) e non alla persona. Per cui se un correntista dispone ad esempio di due conti e in entrambi supera la giacenza prevista per legge, l’imposta sarà pagata due volte.
Il 30 settembre molti pensionati hanno perso soldi sul conto quando potrebbero agire così
Prendiamo a questo punto il caso di pensionato titolare di un conto presso Poste e la cui giacenza media sia quasi di 15mila euro. Ipotizziamo inoltre una propensione al rischio quasi nulla e un’alta preferenza per la liquidità.
Per evitare l’imposta, potrebbe destinare una cifra pari, ad esempio, a 10mila euro su un buono. Non presentano costi di acquisto, gestione e rimborso, e quest’ultimo può avvenire in qualunque momento. Il capitale produce interessi ed è sempre garantito dallo Stato, per cui dopo 1 giorno o 10 anni i soldi sono sempre disponibili.
Ad esempio il buono ordinario riconosce (dopo 1 anno dalla sottoscrizione e poi ad ogni bimestre) dei tassi fissi e crescenti, anche se bassi. Quindi è perfetto per disinvestire in qualunque momento senza correre grandi rischi di perdere gli interessi nel frattempo maturati.
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