Chi si dedica all’analisi tecnica dei mercati finanziari, in particolare quella cosiddetta algoritmica, conosce bene gli inganni che possono essere causati da vari indicatori. I quali, spesso, restano in aree di cosiddetto ipercomprato o di ipervenduto, senza che questo determini inversione del trend. E lo stesso dicasi per le cosiddette divergenze. Parimenti, lo stesso fenomeno riguarda alcuni indicatori economici, in particolare lo spread. I vecchi paradigmi finanziari sono indicatori efficaci della realtà economica?
Cos’è lo spread
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Un investimento viene sempre rapportato al suo rendimento ed al grado di rischio.
In genere, i due elementi sono tra loro correlati. Maggiore il rendimento, maggiore il grado di rischio.
Sul rendimento, è stato costruito un parametro, che viene solitamente usato anche per quantificare il grado di rischio di un Paese.
Per l’Italia, si è soliti usare lo spread, ossia la differenza di rendimento tra il BTP decennale ed il rendimento di un titolo di Stato decennale di un altro Paese.
Solitamente il confronto è con il Bund tedesco, in quanto la Germania è, per antonomasia, considerato emittente di titoli di Stato a rischio zero o prossimo allo zero. Lo spread diviene quindi sinonimo di premio per il rischio.
La conseguenza, ben nota a chi è dedito a letture ed analisi finanziarie, è l’associare un maggior rischio al nostro Paese, in caso di incremento dello spread, e viceversa.
Ma le cose stanno proprio così?
In realtà, questo è vero solo ipotizzando che un incremento dello spread corrisponda necessariamente a tassi incrementati del nostro debito pubblico.
Perchè lo spread presenta dei limiti
Pare ovvio che se il Bund, ad esempio, ha un rendimento che resta al 2%, ed il BTP decennale ha invece un rendimento che passa da 3% al 4%, lo spread passa dall’1% al 2%.
Ma cosa succede, se invece il rendimento del Bund passa dal 2% all’1%, mentre il BTP passa dal 3% al 2,5%?
Evidentemente, lo spread passa dall’1% all’1,5%.
Un incremento, quindi, che dovrebbe denotare un maggior rischio.
Eppure qualcosa non quadra, in tale affermazione, perché il rendimento del BTP si è abbassato.
Questo dimostra che non necessariamente le indicazioni dello spread sono effettivamente correlate al rischio emittente, come stimato dai mercati.
I vecchi paradigmi finanziari sono indicatori efficaci della realtà economica. Gli indicatori alternativi
In alternativa allo spread, possiamo tuttavia utilizzare indicatori alternativi. Uno su tutti, la curva dei rendimenti.
Vista sotto questo profilo, a giudizio di chi scrive, la situazione si presenta sotto una luce molto diversa.
E probabilmente non è un caso che, mentre lo spread si attesti attorno ai 188 punti base, denotando quindi, comunque, un maggior rischio Italia rispetto alla Germania, la situazione della yield curve sia molto diversa.
Positivamente inclinata, tra scadenze a breve ed a lungo, quella italiana, negativamente quella tedesca.
Probabilmente hanno positivamente influito, sul nostro Paese, anche alcune politiche finalizzate, tra l’altro, ad una maggior sostenibilità dei conti pubblici.
Politiche implementate dall’attuale esecutivo, come quelle in materia di bonus fiscali.
E, visto che a pensar male si commette peccato, ma spesso e volentieri ci si azzecca, anche solo questi esempi dimostrano come l’uso di certi indicatori sia tutto a vantaggio di taluni Paesi, e non di altri.
Fino a che punto, quindi, è veramente oggettivo il loro utilizzo?
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