Tra gli strumenti di investimento storicamente più diffusi tra i risparmiatori italiani troviamo sicuramente i buoni fruttiferi postali (BFP). Sono molti gli elementi alla base di questa scelta. Ad esempio la garanzia nella controparte, l’assenza di costi di sottoscrizione, la semplicità di comprensione dello strumento e i rendimenti, specie quelli del passato. Vediamo allora se i vecchi buoni fruttiferi postali in lire nei cassetti della nonna oggi sono ancora validi o no.
Il riferimento è alla possibilità o meno attuale di poterli riscattare per recuperare capitale e interessi maturati. Si tratta infatti di titoli emessi molti anni fa (quando la moneta legale era la lira) e quindi sorge spontaneo il dubbio sulla loro possibilità di convertirli in valuta corrente, cioè in euro.
Quanto durano il buoni fruttiferi postali
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Un generale punto di forza, e in un certo senso “problema”, di alcuni BFP è dato dal fatto che si tratta di strumenti di investimento di lunga durata. Cioè tra l’atto della sottoscrizione e quello del rimborso possono passare anche alcuni decenni in cui può succedere di tutto. Ad esempio possono andare smarriti o dimenticati o, nei casi peggiori, può aversi la dipartita del sottoscrittore originario.
Ad esempio i buoni ordinari emessi fino al 2000 hanno una durata trentennale. Essi maturano interessi ogni 2 mesi (in regime di capitalizzazione composta nei primi 20 anni, e semplice nei residui 10) fino al 31 dicembre dell’anno in cui scadono.
A partire dal nuovo millennio di norma la durata media dei BFP non eccede i 20 anni, tranne rare eccezioni. Nel recente passato, infatti, l’emittente ha offerto in sottoscrizione il buono 5X5 (durata 25 anni) e Obiettivo 65, la cui durata dipende dall’età del sottoscrittore.
I vecchi buoni fruttiferi postali in lire nei cassetti della nonna oggi sono ancora validi o no?
Ora, aldilà del tempo (prima o dopo il nuovo millennio) e/o della valuta di emissione (in lire o in euro), l’unico aspetto che conta è la prescrizione.
Al riguardo, per sapere se il titolo è prescritto o meno l’elemento da conoscere è la data di scadenza effettiva del buono posseduto. In pratica le cose stanno così. Una volta scaduto, il titolo non produce più interessi, mentre dopo 10 anni dalla scadenza cade in prescrizione se non è stato ancora incassato. Tradotto, si perde sia il capitale versato in origine che gli interessi maturati nel frattempo.
Pertanto, i BFP cartacei emessi nel vecchio conio, cioè in lire, sono ancora validi e riscuotibili se, e nella misura in cui, non sono andati in prescrizione. Situazione che si concretizza dopo 10 anni dalla scadenza.
Su quali buoni postali incombe la prescrizione
È infatti doveroso sottolineare che la prescrizione interessa i buoni fruttiferi in formato cartaceo, quindi non quelli di recente emissione. Per quelli dematerializzati l’accredito di capitale e interessi sul c/c BancoPosta o sul libretto postale avviene automaticamente alla scadenza del titolo.
Per ovviare agli inconvenienti tipici della prescrizione, quindi, basterebbe recarsi presso l’ufficio postale e chiederne la loro conversione. Ossia il passaggio dalla forma cartacea alla dematerializzata a patto che coincida l’intestazione del buono con quella del libretto o c/c BancoPosta su cui dovrà aversi il rimborso finale. La dematerializzazione del titolo, infine, è possibile fino a 2 mesi prima della scadenza originaria prevista sul buono posseduto.