In questo articolo punteremo l’attenzione su alcune pericolose coincidenze tra premio al rischio e crollo degli indici dei mercati azionari verificatasi negli ultimi due decenni. In particolare considereremo il premio al rischio, sull’indice S&P 500 nei giorni immediatamente precedenti ai crolli delle quotazioni che si sono verificati nel 2000, nel 2008 e nel 2020.
Successivamente cercheremo di applicare queste coincidenze ai prezzi odierni dello S&P 500 per offrire una possibile risposta alla domanda:
I premi al rischio sugli indici azionari sono ancora adeguati a sostenere i prezzi attuali?
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I tre crolli di Borsa del 2000, 2007 e 2020 sono stati preceduti da premi al rischio ridotti.
Nel grafico qui di seguito la curva azzurra rappresenta i tassi di rendimento del titolo di Stato decennale americano dal 1996 ad oggi. La curva arancione invece rappresenta il rendimento atteso dell’indice azionario S&P 500 per lo stesso periodo.
La distanza tra le due curve in ogni dato momento invece rappresenta il premio al rischio tra l’indice S&P 500 ed il titolo di Stato decennale americano.
I tre cerchi rossi evidenziano i periodi in cui il premio al rischio si è ridotto notevolmente. Più le due curve si avvicinano e minore risulta il premio al rischio. Idealmente bisognerebbe investire in azionario quando le due curve sono molto distanti fra loro, situazione in cui i premi al rischio saranno più remunerativi.
Questa osservazione empirica e storico-statistica ci permette di rilevare che i maggiori crolli dell’S&P 500 degli ultimi due decenni sono stati preceduti da una forte riduzione dei premi al rischio.
Il premio al rischio è la causa scatenante dei crolli di mercato?
Il crollo relativo alla bolla tecnologica del 2000 è stato addirittura preceduto da premi al rischio negativi. Praticamente gli investitori (o forse sarebbe meglio definirli speculatori), preferivano investire in azionario con un rendimento atteso inferiore a quello offerto dal del titolo di Stato decennale americano considerato privo di rischio. Questa dinamica è visibile nel grafico qui sopra nel primo cerchio rosso a sinistra, dove la curva blu ha incrociato e superato la curva arancione.
I due crolli successivi invece hanno visto dei premi al rischio positivi, seppur inferiori al 2%.
Sappiamo che le cause scatenanti delle varie crisi sono state diverse tra loro, nel 2000 la bolla tecnologica, nel 2007 i mutui subprime, nel 2020 il Covid 19. Quindi cosa c’entra il premio al rischio?
Un premio al rischio ridotto, stranamente era sempre presente sulla scena del crimine durante tutti questi crolli di Borsa. Di fatto, quindi, resta quanto meno un forte indiziato. Potremmo quindi concludere che premi al rischio troppo bassi, non innescano necessariamente un crollo nei mercati. Attenzione però, sicuramente determinano un ambiente fertile a corroborare ed amplificare la crisi.
È un po’ ciò che avviene quando si entra in una stanza satura di gas e si accende una lampadina. La causa scatenante non è il gas ma la lampadina. Poi chiaramente il gas aiuterà a creare ed amplificare il disastro.
Gli attuali premi al rischio, come si vede dalla parte destra del grafico qui sopra, iniziano ad assottigliarsi, soprattutto a causa dei recenti incrementi del rendimento del decennale americano e dei prezzi dell’indice S&P 500. Con questi livelli di prezzo, lo S&P 500 non è certo a sconto e pertanto difficilmente potrà restituire rendimenti in linea con le sue performances storiche.
Conclusioni
Riguardo alla domanda “I premi al rischio sugli indici azionari sono ancora adeguati a sostenere i prezzi attuali?”, riteniamo che gli attuali livelli di premio al rischio, come abbiamo visto sopra, non costituiscano necessariamente un pericolo di per sé. Però, se abbinati a qualche catalizzatore o innesco esterno, potrebbero essere sufficienti a supportare una correzione dei prezzi dell’S&P 500 anche a doppia cifra.