In Italia è partita la caccia alla pensione. Un effetto collaterale e classico quando iniziano le voci circa il materializzarsi di una nuova riforma della previdenza. Ogni qualvolta ci sono variazioni e nuove misure, i lavoratori sono più preoccupati che entusiasti.
Questo è l’effetto di quanto successe nel 2011, quando il governo Monti e il decreto Salva Italia produssero una delle riforme previdenziali più contestate di tutti i tempi. La riforma Fornero, infatti, ha pesantemente inasprito il meccanismo previdenziale italiano allontanando le pensioni dei lavoratori.
Ecco perché adesso si cerca di trovare le vie di uscita dal lavoro. La pensione anticipata è il sogno di tutti., ma non tutti possono permetterselo.
I nati entro il 1959 possono scegliere una pensione in anticipo grazie a due vie INPS ideali soprattutto per le donne
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Le donne che hanno completato 35 anni di contributi lo scorso 31 dicembre 2021, se quest’anno compiono 63 anni di età, possono uscire dal lavoro sfruttando il regime contributivo sperimentale donna. Con opzione donna possono lasciare il lavoro quelle che hanno compiuto 58 anni entro il 31 dicembre 2021 e alla stessa data hanno completato i 35 anni di contributi.
Questo per le lavoratrici dipendenti, perché le lavoratrici autonome possono uscire dal lavoro se a fine 2022 hanno compiuto 59 anni. Ma a 63 anni di età nel 2022 le lavoratrici posso rientrare anche nel meccanismo dell’APE sociale.
Due misure con tanti pro e contro
Una lavoratrice che ha già compiuto 63 anni e che ha 35 anni di contributi versati già nel 2021 può uscire dal lavoro sfruttando due misure nel 2022. Opzione donna e l’APE sociale sono le due misure, su cui è inevitabile verificare la convenienza dell’una o dell’altra.
La lavoratrice può lasciare il lavoro se al 31 dicembre 2022 si trova già con 58 o 59 anni di età e con 35 anni di contributi. Il vincolo, però, è che la pensione deve essere trattata con il penalizzante metodo contributivo. Una lavoratrice che ha già maturato 18 anni di contributi prima del 1996 si trova gravemente penalizzata in termini di assegno previdenziale. Un taglio che può superare anche 30% della propria pensione. A 63 anni, quanti ne hanno le nate nel 1959, queste lavoratrici perderebbero intorno al 20% della prestazione, quindi una pensione da 1.000 euro a 67 anni, diventa di 800 euro.
L’APE
Con l’APE sociale possono uscire dal lavoro le lavoratrici che hanno maturato 30 anni di contributi versati ma solo se hanno un invalido a carico nel nucleo familiare, se sono a loro volta invalide o disoccupate. Il calcolo della prestazione è migliore rispetto a quello di opzione donna, non essendo obbligatoriamente contributivo.
La lavoratrice andrà a rimetterci soltanto i quattro anni di contribuzione in meno versata, dal momento che lascia il lavoro a 63 anni. Un taglio di qualche punto percentuale. A sfavore dell’APE sociale, però, c’è il fatto che la misura non prevede maggiorazioni, non prevede assegni familiari e non è una misura reversibile in caso di decesso prematuro del beneficiario. Inoltre, opzione donna si prende per 13 mesi in un anno, l’APE sociale solo per 12. Infatti, non ha neanche la tredicesima mensilità. A conti fatti due strade che portano all’uscita anticipata ma con controindicazioni in entrambi i casi.
Come abbiamo visto, dunque, i nati entro il 1959 possono scegliere una pensione prima del previsto, con due misure diverse dell’INPS.
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