I mercati finanziari cominciano a non credere più alle dichiarazioni dei banchieri centrali della Banca centrale europea

BCE

I mercati finanziari cominciano a non credere più alle dichiarazioni dei banchieri centrali della Banca centrale europea, relativamente alla loro forward guidance di politica monetaria. L’assunto, infatti, secondo il quale l’inflazione post-pandemica potesse essere considerata soltanto un fenomeno temporaneo, da sempre sostenuto dai policy-maker di Francoforte, si è rivelata totalmente inattendibile dal confronto con i dati relativi all’aumento dei prezzi che si sta osservando, ormai quasi da un anno, nell’Eurozona.

L’ultima rilevazione della scorsa settimana relativa al CPI su base annuale ha, infatti, mostrato un aumento del +5,0% del tasso a dicembre, dal precedente +4,9% e più dell’atteso +4,7%, cosicché il tasso di inflazione attuale si trova ora ad un livello di ben tre punti percentuali superiore a quello obiettivo (simmetrico) fissato dalla BCE, pari al +2,0%. Chi si attendeva, quindi, un raffreddamento della crescita dei prezzi per effetto della crescita dei contagi dovuta alla variante Omicron, è rimasto deluso.

L’errore di valutazione compiuto dagli economisti della BCE sulla durata limitata della recrudescenza inflazionistica fa perdere, di conseguenza, la credibilità dell’istituto centrale quando esso afferma che i tassi d’interesse non saranno alzati nel corso del 2022. È opportuno ricordare, infatti, che, almeno secondo la teoria macroeconomica, l’unica politica monetaria efficace per contrastare un inflazione duratura di tipo “supply-side”, come quella che stiamo osservando, è quella di effettuare immediatamente un rialzo del costo del denaro. Esattamente la mossa che presto potrebbe fare la Federal Reserve e che, invece, la BCE non vuole ammettere di essere costretta a fare.

I mercati finanziari cominciano a non credere più alle dichiarazioni dei banchieri centrali della Banca centrale europea

I mercati finanziari, tuttavia, sembrano ritenere che le promesse della BCE circa il mantenimento dell’attuale stance di politica monetaria non siano più credibili. La riprova sta nelle loro scelte di trading osservate negli scorsi giorni sul mercato dei sovereign bonds dell’eurozona, che sono state orientate sul versante delle vendite. Motivo, questo, per cui la maggior parte dei rendimenti sovrani è tornata a salire, toccando nuovi massimi plurimensili, come nel caso dei BTP e dei Bund tedeschi.

Le yield curve di molti di questi titoli stanno sperimentando il fenomeno della cosiddetta “riemersione” dai livelli negativi, nei quali erano stati spinti durante gli ultimi anni dalla politica ultra-espansiva praticata dalla Banca centrale. Il rialzo di tutta la curva dei rendimenti segue ora l’aumento dell’inflazione corrente ed, evidentemente, anche di quella futura, che viene valutata dai mercati più alta di quanto ipotizzato dai banchieri europei. Se questo atteggiamento dei Trader dovesse proseguire nelle prossime settimane è ragionevole, quindi, attendersi un ulteriore aumento dei rendimenti sovrani. E pazienza se qualche economista riteneva, solo fino a poche settimane fa, che quegli stessi rendimenti sarebbero rimasti in territorio negativo ancora per qualche anno.

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