Il desiderio di rendimenti sopra la media, unita alla complessità dei mercati finanziari, hanno agito da propellente all’affermazione del risparmio gestito o altri strumenti d’investimento. In pratica il risparmiatore cerca di valorizzare al meglio le ricchezze di cui dispone, magari generando una rendita periodica costante. Per farlo si affida a professionisti del risparmio o decide di sperimentare i nuovi trovati dell’industria finanziaria.
A seconda del prodotto o alternativa prescelta vanno conteggiate le commissioni dirette e/o indette del servizio reso e gli eventuali rischi associati. In questa sede, in particolare, ci chiediamo se i fondi comuni di investimento o gli ETF e le gestioni patrimoniali possono fallire o sono tutelati fino a 100.000 euro? Una domanda che fa seguito alle recenti vicende fallimentari che colpito alcune note banche.
Cosa sono i fondi comuni di investimento, i fondi passivi e le gestioni patrimoniali
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I fondi comuni d’investimento (FCdI) sono strumenti ripartiti in quote sottoscritte dai risparmiatori. Quest’ultimi affidano i risparmi ai gestori del fondo (ecco perché definiti attivi) che li gestiscono per valorizzare il valore delle quote nel tempo. Il risultato finale dipende da più elementi, come la competenza del gestore e la tipologia di sottostante in cui investe il fondo. Questi si classificano in azionari, obbligazionari, bilanciati e monetari, mentre si dividono in aperti e chiusi a seconda delle modalità di acquisto e rimborso delle quote.
Gli ETF (Exchange Traded Fund) sono fondi con caratteristiche simili ai fondi attivi con una grossa differenza. Essi replicano fedelmente il paniere sottostante e non vi è alcun gestore che movimenta a sua discrezione i soldi ivi confluiti. A fronte di questo limite offrono al cliente una più bassa struttura dei costi rispetto ai primi.
Nella gestione patrimoniale (GP), infine, il cliente-risparmiatore conferisce i risparmi a una banca, ovvero una sua SGR o SIM, sulla base di un vincolo. Il cliente da un mandato di gestione alla banca affinché li gestisca al suo posto in base ad accordi prestabiliti (di tempo, di propensione al rischio, etc). Le GP in genere coinvolgono i grossi patrimoni, possono costare anche il 2-3% annuo (sul capitale) e si dividono in GP mobiliari e GP in fondi.
I fondi comuni di investimento o gli ETF e le gestioni patrimoniali possono fallire o sono tutelati fino a 100.000 euro?
Veniamo alla questione di partenza: possono fallire? E se sì, cosa hanno da temere i risparmi ivi confluiti? Ricevono qualche forma di garanzia come nel caso dei depositi bancari tutelati fino a 100mila € oppure no?
Partiamo dai fondi, attivi (FCdI) e passivi (ETF). In questi casi il patrimonio raccolto dai fondi è del tutto separato da quello proprio del gestore del fondo, attivo o passivo che sia. Pertanto un eventuale fallimento di quest’ultimo non coinvolge anche i fondi raccolti in precedenza. Cioè i soldi degli uni sono separati dai soldi dei risparmiatori confluiti nei fondi, pertanto il grado di tutela è elevato. Quindi in caso sopravvenuta insolvenza della società gestore del fondo, il patrimonio di quest’ultimo è per Legge di proprietà esclusiva di chi ha sottoscritto le quote.
Tutt’altro discorso attiene, invece, alle variazioni di valore delle quote detenute. Queste possono oscillare anche di molto nel tempo e differire di parecchio (rispetto ai valori di sottoscrizione) all’atto del riscatto o rimborso finale. Tutto dipende dall’andamento del sottostante e dalle strategie seguite (in proprio o dai professionisti del FCdI).
In definitiva, il fallimento della “scatola contenitiva” non intacca i soldi del risparmiatore. Son dolori, invece, se a crollare è il valore di mercato del contenuto della scatola, al pari di una normale operazione sul mercato fatta in prima persona.
Le tutele dei consorzi come il FITD sono delimitate
In pratica i risparmi confluiti nei FCdI e negli ETF esulano dal perimetro di garanzia del FITD per il caso dei depositi bancari. Tutto qui.
Conclusioni che valgono anche per il caso delle GP, dato che si tratta di un servizio di alta professionalità svolto da un soggetto privato (la banca) verso il suo cliente. In pratica la banca non sta acquisendo fondi con obbligo di restituzione (e quindi oggetto di tutela FITD nei casi e modi previsti dalla Legge). La banca sta erogando un servizio su richiesta del cliente, con tutti i pro e contro del caso (ossia un eventuale brutto risultato della GP).