I dazi del liberation day: Make America Poor Again, anzi the world. Il commento settimanale del Vecchio Grim.
In un’intervista del passato, il simpatico Prof Geremy (Wharton U) giustamente sostiene che con i dazi del 2 aprile saremmo tornati a 95 anni fa ai tempi dello Smoot -Hawley tariff act con la conseguente Grande Depressione: la storia potrebbe ripetersi? Il rischio c’è. Bisogna ricordarlo a Trump, anzi al suo mentore Stephen Mirian un Prof/Phd di Harvard sulla sponda diametralmente opposta a quella di Jeremy.
A Miriam consiglierei, dopo il disastro borsistico in atto, di sentire il ceo di Nike o Apple per rendersi conto di quanti danni possa fare quell’annex 1 del documento sui dazi, con l’indicazione delle percentuali dei dazi reciproci, di cui presumo sia stato l’ispiratore.
- Finora neanche la rivalutazione dello usd prevista da Miriam, come sottolinea Wood, nel suo greed & fear, compensativa del peso dei dazi si è verificata.
Fa eco a Jeremy il perma bull / veteran tech analyst Ives di Wedbush diventato, pro tempore, bear; egli invece qualche telefonata alle aziende tecnologiche quotate al nasdaq le ha fatte.
Post ring, asserisce che quelle aventi insediamenti da anni in Cina, e che sono nella filiera di componenti tech provenienti da Giappone e Sud Korea, tornerebbero indietro a qualche decade fa, non prendendo neanche in considerazione un back home perché ci vorrebbero anni per realizzarlo, con costi insostenibili.
Tra l’altro, non dilungandomi sull’ argomento ma facendo parlare al mio posto la debacle dei prezzi di borsa, segnalerei che le apple di turno sono in Cina non tanto più per i bassi salari, quanto per gli skills di ingegneri cinesi che non troverebbero facilmente in Usa.
Ives non si aspetta granché dalle linee guida di molte società tech, col Q1 release, perché il lower than delle stesse sarebbe certo; al momento, non poche di esse sono in completa impasse. In uno scenario cosi mutevole non sarebbero in grado di definire congrue linee guida.
Siamo nella piena ibernazione degli animals opposta a quella degli animal spirits come evidenziavo la settimana scorsa; con investimenti in stand by, m&a rinviate, ipos parimenti, e la lista potrebbe continuare.
- Da un punto di vista macro saremmo già in recessione, i dati lo confermeranno in seguito, e la previsione di crescita degli utili 25, va ormai azzerandosi.
In un quadro macro recessivo, i miei 4 pianeti micro per risk on ne avrebbero solo 1 a favore, il sentiment / positioning, mentre catalyst, earning momentum e fondamentali sono in netto deterioramento.
Powell abbasserà, a mio avviso, i tassi a maggio, ormai nei prezzi, unico catalyst positivo, meglio se fosse accompagnato da un q/e che prenda il posto del q/t , ma poco verosimile, a meno di un avvitamento del mercato azionario.
Quando segnalavo la volta scorsa che il gioco si sarebbe fatto duro, con un make or break del mercato equity Usa, non pensavo di certo a uno shock, per definizione non prevedibile.
- L’annex 1 del documento dazi, col 54% dei dazi in Cina, Giappone al 24%, S Korea al 25%, Europa al 20%, tra gli altri , si è subito tradotto in shock da risk off , con una material waterfall: ribasso equity Usa con epicentro sui titoli tech, sell off generalizzato su tutte le borse mondiali, fly to quality sul treasury Usa con la curva tassi in picchiata al ribasso , usd debole.
D’altra parte la metodologia di calcolo dei dazi, all’unanimità ritenuta priva di senso, cui si è accompagnata l’immediata retaliation cinese, hanno condotto a una sorta di panic selling sulle borse mondiali venerdì scorso.
Questa in sintesi la cronaca dell’ evento shock della settimana.
Passiamo ora alla cosa più interessante, che fare operativamente ?
Indice dei contenuti
- non comprerei duration su questi livelli, né la venderei, finora è stata un provvidenziale hedge nel classico 60/40;
- comprerei equity perché la storia insegna che ogni shock comprato si rileva un affare longer term ;
- per chi cerca il giusto market timing, more than half of the battle: have a look to the headlines che mi aspetto gradualmente positive, con una de escalation da negoziazione sui dazi.
Se questa fase dovesse cominciare entro qualche settimana, in concomitanza assisteremo a vistosi rimbalzi del mercato azionario; da un punto di vista macro si ripasserebbe da ipotesi di recessione a quella di slowdown, per il micro catalyst ed earning momentum tornerebbero favorevoli.
I fondamentali in sé cari, lo sarebbero anche relative l ai bonds, col decennale che tornerebbe intorno al 4.50% /4.75%.
Equity Europa e Cina che in tale evenienza potrebbero continuare a sovraperformare in relative term gli Usa.
Ma perché Trump dovrebbe arrivare a una negoziazione con le sue controparti?
Trump crede ideologicamente che i dazi riporterebbero produzioni in Usa; d’altra parte, come già avvenne durante il suo primo mandato dopo il – 15/ 20% di borsa, arrivò a forme negoziali, con quella vena di bluff a poker.
Lui ha l’ideologia dei dazi, ma sa bene che con una recessione soccomberebbe inesorabilmente. Egli, prescindendo dal “SuperUomo” narcisista che è in Lui, sa passare dall’idealismo al pragmatismo, finalizzato a un better economic outcome.
Egli da anarco liberale di destra è coerente con lo smantellamento dello Stato con i suoi pesi e contrappesi, DOGE va in quella direzione; quella ideologia, peraltro contrariamente alla sua, aborrisce dai dazi.
Ideologicamente, limitatamente ai dazi, è contro quello scritto, in cui si riconosce la destra anarchica liberale , di Murray Rothbard “potere e mercato”, che sto leggendo. Rothbard teorizza che ogni forma di Stato costituito è inefficiente, nonché l’imposizione dei dazi.
Il Tycoon dovrebbe prenderne atto; qualora dovesse davvero ideologicamente immolarsi alla predetta annex 1, non penso, sarebbe avversato fino alla sconfitta non solo dal mercato borsistico, ispirato a principi liberisti, ma dai suoi stessi accoliti anarco liberali.