Sicuramente, qualunque sarà il loro destino, i crediti collegati ai bonus fiscali entreranno nella storia delle vicende economiche italiane. Vista anche la rilevanza del fenomeno, abbiamo dedicato a questo tema già un precedente articolo. E, proprio considerata tale rilevanza, diversi economisti si domandano anche quali siano gli effetti, a livello macroeconomico, di un tale strumento. Già si è detto del problema collegato all’incremento del debito pubblico, ma i crediti collegati ai bonus edilizi, potrebbero essere considerati una forma di moneta? E con quale effetto sull’inflazione?
La moderna teoria della moneta
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Rientra nel concetto prevalente, che tutti usiamo quotidianamente, quello di moneta come mezzo di pagamento per la compravendita di beni e servizi.
Quindi è evidente come il denaro contante rientri pienamente in questa fattispecie.
Ma il sistema bancario ha esteso il concetto ad una pluralità di altri aggregati economici, che possono essere convertiti agevolmente in denaro contante, o usati per acquisto di beni e servizi.
Abbiamo quindi una classifica di questi aggregati, in ordine decrescente a partire da quelli dotati di maggior liquidità, ossia dalla maggior possibilità di essere convertiti in moneta circolante.
Abbiamo quindi: M1, ossia banconote e monete in circolazione, oltre a depositi bancari e postali.
M2: M1 + depositi con scadenza prestabilita fino a due anni ed i depositi rimborsabili con preavviso fino a tre mesi.
M3: M2 + alcuni strumenti emessi da varie istituzioni finanziarie monetarie con un alto grado di liquidità e di certezza del prezzo.
A questo punto, intendiamo domandarci se i crediti fiscali, prima del recente decreto governativo cedibili, rientrino in uno dei sopra descritti aggregati o possano comunque considerarsi moneta.
A ben vedere, la risposta non può che essere positiva in base a molteplici motivazioni.
Intanto, anche a prescindere dalla definizione degli aggregati monetari, è evidente una stretta correlazione anche con il concetto comune di moneta, intesa quale mezzo di pagamento per la compravendita di beni e servizi.
Tradizionalmente, una ristrutturazione edilizia comporterebbe una prestazione in denaro, da parte del committente, quale corresponsione per l’appalto.
Ed i contratti, formulati successivamente all’introduzione della cedibilità dei bonus, esplicitamente affermano, solitamente, che in luogo del pagamento in denaro, sia appunto possibile cedere il credito fiscale collegato ai bonus.
Quindi cedere questo credito sostituisce la corresponsione di una somma di denaro.
Considerati invece, sotto un profilo tecnicamente più stringente, dal punto di vista degli aggregati monetari, possiamo considerare i crediti cedibili quanto meno con riferimento a M3, ossia strumenti con un certo grado di liquidità.
Infatti, pur non essendo direttamente convertibili in moneta circolante, possono comunque servire a rimpiazzare l’uso di denaro in determinati contratti, rientranti nella fattispecie dell’appalto.
I crediti collegati ai bonus edilizi sono una forma di moneta? Quali effetti sotto il profilo monetario?
Per rispondere a tale quesito, dobbiamo considerare, non a caso, che gli aggregati M2 ed M3 sono tenuti sotto osservazione dalle Banche Centrali, anche proprio al fine di controllare le dinamiche inflazionistiche di un Paese.
Già tale circostanza evidenzia, quindi, come sia pacifico che tutto quello che rientra negli aggregati condizioni il fattore inflazione.
Del resto, pur essendovi diverse teorie che possono spiegare la dinamica dei prezzi, in buona sostanza possiamo affermare che un incremento della massa monetaria circolante tende a comportare un incremento dei prezzi, come oure un incremento della sua velocità di circolazione.
Invece decrementi dei prezzi possono essere causati da un incremento del quantitativo di beni e servizi messi a disposizione dal sistema economico.
In altri termini, possiamo utilizzare una equazione, come la seguente: P=MV/T.
Nella quale M= moneta circolante, V= velocità di circolazione della moneta circolante, e T= totale dei beni e servizi disponibili nel sistema economico.
Ora, con i crediti cedibili, collegati ai bonus fiscali, cosa è successo?
Come abbiamo detto, questi crediti possono essere considerati ricompresi nel concetto di aggregato monetario, quanto meno a livello di M3, quindi rientrano nel concetto di moneta, di cui alla precedente equazione.
Questi crediti, inoltre, almeno inizialmente, erano cedibili anche più volte, quindi il loro quantitativo andrebbe moltiplicato per un certo parametro V, pari alla velocità di circolazione.
Questi elementi, come abbiamo visto, contribuiscono ad un incremento dei prezzi, quindi all’inflazione.
Come contrappeso, abbiamo al denominatore dell’equazione T, ma sotto questo profilo, cosa è successo?
Sicuramente, non è stato incrementato il numero di immobili resi disponibili nel sistema economico, trattandosi di ristrutturazioni, e non di costruzione di nuovi immobili.
Anzi, le vicende dei crediti cedibili, hanno poi evidenziato come molti committenti si siano ritrovati con lavori iniziati e non terminati. E sicuramente una parte di questi immobili non sarebbe più commerciabile (sono in pochi gli acquirenti disponibili all’acquisto di un immobile ancora da ristrutturare).
Certamente, si è incrementato il numero degli appalti, poi però lasciati in parte inadempiuti.
Non possediamo precisi dati in merito al numero di appalti lasciati a metà, per così dire, ed il conseguente numero di immobili con lavori ancora da terminare.
Sicuramente questi elementi hanno comportato comunque, nella migliore delle ipotesi, un fattore di incremento di T non sufficiente a contrastare l’incremento di M e V.
Non fosse che perché, ancor prima della incedibilità dei crediti, era già divenuto di pubblico dominio il fenomeno dei lavori iniziati e non portati a termine.
E, non a caso, sia a fronte di questo fenomeno, che a fronte della decisione del sistema bancario di non acquistare più crediti, poi lo stesso giro economico degli appalti si è fortemente ridimensionato.
Da questi elementi traiamo se non la prova diretta, quanto meno quella indiziaria (si direbbe in termini giudiziari) che il sistema dei crediti cedibili abbia comportato un incremento dell’inflazione.
Non solo dovuto ad una iniziale maggior richiesta di appalti di ristrutturazione, ed alla conseguente maggior domanda di risorse umane e materiali ad essi connessa, ma anche proprio agli effetti incrementali dei fattori M e V, connessi al sistema dei crediti.
Senza, a quanto pare, un sufficiente controbilanciamento da parte di T.
I crediti collegati ai bonus edilizi sono una forma di moneta? La posizione dell’UE
Al quesito iniziale possiamo quindi rispondere affermativamente, e non solo.
In base sia al comune concetto di denaro, che alle più raffinate definizioni di M, possiamo anche ritenere che il sistema dei crediti cedibili abbia comportato un elemento incrementale del tasso d’inflazione, connesso non solo ad un fenomeno di incremento della domanda di beni e servizi.
Un’ultima considerazione riguarda l’UE.
Abbiamo già esaminato anche la direttiva relativa agli obblighi di ristrutturazione.
Fermi restando altri rilievi, ci pare comunque che questa politica europea sia fortemente contraddittoria sotto alcuni profili.
Per un verso, UE e BCE sono sempre state attente alla lotta all’inflazione ed al rigore nei conti pubblici, ma per altro verso si punta verso qualcosa che richiede, ovviamente, non poche risorse finanziarie. Il riferimento è alla direttiva europea che vorrebbe una ristrutturazione del patrimonio edilizio.
Visto che l’attuale sistema dei crediti pare andare nettamente in direzione opposta, rispetto ad obiettivi finanziari di contenimento dell’inflazione e di rigore nei conti pubblici, l’UE pensa forse che siano in cittadini a poter sostenere le risorse finanziarie necessarie per l’adeguamento immobiliare?
A prescindere da cosa pensi l’UE, la risposta non può che essere negativa.
Anche perché, qualora anche tutti o quasi i potenziali committenti potessero far fronte alla risorse finanziarie necessarie, perché mai ideare un sistema, come quello dei crediti cedibili?
L’UE dovrà probabilmente rassegnarsi, e far buon viso a cattivo gioco, come si usa dire.
O ammetterà forme di monetizzazione di risorse, che riconducono ad incremento del debito pubblico e del fenomeno inflattivo (e comunque anche questo sistema non si è dimostrato in grado di poter sostenere una ristrutturazione diffusa, tanto meno integrale, del sistema edilizio italiano), oppure dovrà far prevalere gli obiettivi di rigore nei conti pubblici e nell’inflazione.
A quanto pare, sinora, le sue idee al riguardo rimangono piuttosto contraddittore e confuse.