Giuseppe Conte non ci sta. Sono diversi i punti di discordanza con il Governo Draghi. Dallo scontro sul Superbonus, orgoglio pentastellato, al «no» dei grillini per il termovalorizzatore nella città di Roma. Ancora, la richiesta di Conte dello scostamento di Bilancio e l’annosa questione dell’invio alle armi all’Ucraina. In merito dopo lo slogan di Draghi «preferite il condizionatore o la Pace» che passerà alla storia più che altro per essere stato un po’ un flop comunicativo, Conte replica. E manda a dire: «ci dica se siamo falchi o colombe» riferito ovviamente a Draghi e alla posizione rispetto alla Russia per tramite dell’Ucraina.
L’impressione dell’ala contiana dei grillini è che Mario Draghi passi per il Parlamento giusto per riferire e per dovere ma porta acqua al suo mulino. Cioè alla sua spiccata propensione atlantista, molto , che in alcuni semina il dubbio. Non si capisce se sia davvero per la Pace o per il combattimento a fuoco della Russia. Lui lo sa, ma molti (compresi i cittadini) vorrebbero sapere l’Italia che ruolo assume. Oltre quello umanitario che non neghiamo a nessuno.
Il Movimento conteso
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Grilli per la testa, il Movimento deve fare i conti con quell’ennesimo ricorso al Tribunale di Napoli. Le piroette interne sembrano tutt’altro che sedate. Il famigerato «campo largo» caldeggiato dal Partito Democratico di Enrico Letta conta sui numeri dei contiani, nonostante il PD è filogovernativo e Conte allunga la lista dei «no» in quel del Parlamento. E i sostenitori di Di Maio? I maligni dicono che Forza Italia, vistosamente in affanno per le prossime elezioni politiche del 2023, stia provando ad intrufolarsi nel caos.
Il Movimento da solo non ce la potrebbe fare, soprattutto adesso che ci pare persista nella divisione interna. Stessa sorte quella del centro destra, dove Meloni ormai sta scaldando lo scranno di Palazzo Chigi, FI e Lega sono col cerino in mano. I conti non tornano e affiorano grilli per la testa, il Movimento in questi casi pur di far numero cerca alleanze. E stessa cosa può dirsi degli altri. Pare infatti ci sia un avvicinamento tra Lega e Conte. Entrambi riscoperti pacifisti, soprattutto il primo. E in alcune realtà periferiche per le prossime amministrative l’ala dimaiana pare vada a braccetto con Forza Italia.
Grilli per la testa, il Movimento fa le bizze ma Draghi avanza e nella divisione interna ai pentastellati sguazza Forza Italia
Immaginarli insieme richiede davvero impegno. Uno dei due (il Movimento o FI) dovrebbe rinnegare sé stesso. Però si sa, nella politica tutto è possibile e, ahimè, si cambiano spesso idee e princìpi nel corso della carriera. Il patron Silvio Berlusconi, tace. La Meloni vola incurante dei tempi che furono. Salvini, non la insegue. Addirittura era trapelata notizia di un suo possibile viaggio a Mosca per invocare la Pace. Probabilmente, chi lo consiglia, ha fatto in tempo a suggerire un dietro front per evitare un’ennesima gaffe.
È ancora fresco il ricordo del viaggio al confine ucraino dove non è stato ricevuto col clamore che pure si aspettava. Purtroppo, quell’immagine di Putin stampata sulla felpa di Matteo e indossata nei bei tempi che furono, è nella memoria di tutti. Persino dei cittadini dell’Est. E in tutto questo guazzabuglio, Lega e Movimento si fondono e si confondono.
Tajani, che ci pare un buon uomo, mite e ragionevole non sa davvero come correre ai ripari e dove trovare approdo. Il futuro della politica interna è in balìa del caos. E il rischio (?) è che come per Mattarella, dalle politiche del 2023 ne usciremo con Mario Draghi. A meno che, non trionfi la Meloni. E qui si aprirebbe un’altra pagina della nostra storia avvincente.
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