Tra i prodotti di risparmio più graditi dal piccolo risparmiatore ci sono sicuramente i buoni fruttiferi postali (BFP). Certezza assoluta del capitale investito e interessi fissi e crescenti nel tempo sono alcuni degli elementi che più fanno gola. Inoltre sono strumenti dalla facile comprensione, privi di costi e facilmente sottoscrivibili.
Malgrado ciò, tuttavia, oggi i loro rendimenti sono distanti dal 3% d’inflazione (su base annua) registrato ad ottobre dall’ISTAT. Il piccolo risparmiatore, quindi, si domanda: ma gli interessi dei buoni fruttiferi postali aumenteranno prima o dopo Natale 2021?
I buoni fruttiferi postali e l’inflazione
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I BFP sono emessi da Cassa Depositi e Prestiti (CDP), una SpA controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. A grandi linee, CDP opera come una banca di Stato che raccoglie le risorse tramite i BFP, i quali sono distribuiti per il canale online e fisico di Poste Italiane. Dunque, i loro tassi d’interesse dipendono dalle decisioni dello Stato.
Quanto rendono oggi questi strumenti garantiti al 100%? Come abbiamo visto, i tassi d’interesse vanno dallo 0,25% fino al 2,50%, a seconda del prodotto.
In sostanza il loro rendimento a scadenza è in genere distante dal 3% su base annua (2,50% a settembre) registrato il mese scorso. Tradotto, il loro rendimento effettivo, cioè al netto delle tasse e dell’inflazione, è negativo.
Quanto hanno reso i BFP nel recente passato?
Il piccolo investitore si domanda allora se CDP aumenterà gli interessi da qui a breve. Ovviamente si tratterebbe di un ritocco valevole per le sottoscrizioni future.
Precisiamo anzitutto che si tratta di un’informazione che noi non disponiamo e che rientra nell’esclusiva decisione del Tesoro. In sostanza è un dubbio che condividiamo con i nostri Lettori, alla luce dell’attuale costo della vita.
Tra settembre 2011 e settembre 2012 l’inflazione in Italia è stata sempre al disopra del 3% (fonte: Rivaluta), con il picco del 3,4% nell’ottobre 2011. Abbiamo spulciato tra le vecchie emissioni, cioè tra i buoni non più sottoscrivibili, per vedere quanto rendevano allora i BFP.
Ad esempio nel marzo 2012 è stato emesso (solo in forma dematerializzata) il buono fedeltà 3,50 della durata massima di 3 anni. A scadenza il titolo restituiva il capitale più un rendimento annuo fisso pari al 3,50%.
Altrettanto interessante è stato anche il rendimento del buono fedeltà emesso dal novembre 2012 a gennaio 2013. Anch’esso aveva durata pari a 3 anni ed era dedicato solo a precisi possessori di buoni ordinari giunti a scadenza naturale.
Gli interessi dei buoni fruttiferi postali aumenteranno prima o dopo Natale 2021
Sarebbe molto superficiale basare l’analisi solo su inflazione e rendimenti. Nel 2012 lo spread, ossia il rischio sovrano dell’Italia, era alle stelle, mentre oggi la BCE ha rassicurato i mercati al riguardo. Tuttavia, al piccolo risparmiatore poco interessano queste dinamiche, mentre cerca protezione per i suoi sudati risparmi.
Ad esempio venerdì scorso il MEF ha ritoccato all’insù le cedole del BTP Futura 2033 per rendere più appetibile lo strumento. In tal modo ha offerto un extra rendimento per 4 anni a quei risparmiatori.
Dunque, un minimo di ritocchi il MEF li introdurrà a breve anche a favore dei buoni fruttiferi?
È vero che anche la certezza assoluta del capitale ha il suo costo (i BFP rimborsano sempre il 100% del capitale, mentre i BTP solo a scadenza). Tuttavia, l’inflazione alle stelle è identica per entrambe le categorie di risparmiatori. Cioè il peso dell’inflazione lo sopportano sia i risparmiatori che prestano soldi allo Stato tramite BTP che tramite la sottoscrizione dei buoni.
Staremo a vedere cosa deciderà CDP (cioè lo Stato) circa i rendimenti offerti sui buoni prossimi a venire.
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