Un recente studio di alcune economiste di Bankitalia ha messo in luce interessanti aspetti sull’impatto lavorativo connesso all’aumento dell’età pensionabile. In particolare, il testo pone in evidenza fattori occupazionali e contributivi che hanno avuto una ricaduta su lavoratori e lavoratrici. Gli effetti della riforma Fornero sull’occupazione e le pensioni INPS delle donne hanno innescato una più elevata partecipazione delle quote rosa negli ambiti lavorativi. Quali conseguenze dunque su lavoro, pensioni, stipendi e famiglia?
Lo studio pubblicato dalla Banca d’Italia mostra i dati
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Parlare oggi di un governo tecnico significa per alcuni riattualizzare vissuti, timori e speranze che riportano alla mente la famosa riforma pensioni “lacrime e sangue”. Eppure, gli effetti a lungo termine della Legge n. 214/2011 palesano scenari degni di riflessione. In particolare, se si considera la sezione femminile del mondo del lavoro. Il recente studio “Working horizon and labour supply: the effect of raising the full retirement age on middle-aged individuals” evidenzia aspetti rilevanti sul tema. Gli effetti dell’aumento dell’innalzamento dell’età legale per l’accesso alla pensione ha portato ad una maggiore partecipazione alla forza lavoro dei contribuenti di mezza età. In particolare, tale risonanza ha avuto un’eco piuttosto marcata sulla partecipazione femminile secondo quanto registrano le economiste Francesca Carta e Marta De Philippis.
Gli effetti della riforma Fornero sull’occupazione e le pensioni INPS delle donne
Le studiose hanno condotto un’analisi sulle scelte lavorative che le persone hanno operato in ragione dell’offerta di lavoro. Le analisi condotte hanno posto attenzione anche su aspetti di genere, di età e di tipologia di impiego part-time o full-time. Ebbene, quali sono gli effetti della riforma Fornero sull’occupazione e le pensioni INPS delle donne? Sul piano della partecipazione alla dimensione lavorativa, le ricercatrici hanno rilevato un aumento in particolare per quelle contribuenti di età media pari a 55 anni e oltre. Questa fascia di popolazione è quella che, all’epoca della riforma, non possedeva i requisiti per il collocamento in quiescenza. Oppure, sono donne che non hanno ancora raggiunto i requisiti per ottenere la pensione.
L’innalzamento dell’età per il pensionamento ha determinato delle scelte di impiego differenti al fine di adeguare nel breve tempo la propria posizione di lavoro. Sale non solo la partecipazione al mercato del lavoro, ma anche la disponibilità ad accettare degli impieghi full-time. Quest’ultimo dato, in particolare, si registra all’interno di ciascuna classe di età. La diretta conseguenza determina posizioni lavorative di maggiore rilievo, stipendi più alti e conseguenti pensioni più alte.
Quali sono i principali risultati della ricerca?
Proprio l’aumento di quattro anni dell’età minima per raggiungere i requisiti di pensione spiega almeno di un terzo l’aumento dell’occupazione di donne nel periodo 2010-2014. Dati che attestano non solo il riflesso di un cambiamento formale. Si potrebbe forse parlare anche cambiamenti che riguardano dimensioni più profonde dell’individuo come l’identità e il proprio ruolo sociale ed economico. E sugli uomini che effetto ha prodotto?
Sebbene sul piano dell’offerta sul mercato del lavoro non vi siano state particolari rilevanze, il punteggio più elevato sull’attività degli uomini coinvolge altri fattori. Come dimostra lo studio, l’incremento di un anno dell’età di pensionamento della partner stimola gli uomini ad incrementare la propria attività lavorativa. Ne consegue dunque un innalzamento riflesso anche dell’attività lavorativa degli uomini. Ecco dunque cosa mostrano gli effetti della riforma Fornero sull’occupazione e le pensioni INPS delle donne.
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