Da alcuni anni, i risparmiatori italiani hanno perso i tradizionali punti di riferimento. Le politiche monetarie internazionali e le varie crisi hanno quasi azzerato i rendimenti dei titoli a reddito fisso. Obbligazioni, depositi bancari, buoni postali e titoli di Stato, infatti, ormai pagano interessi prossimi allo zero.
La lunga crisi del settore immobiliare e la disoccupazione crescente hanno abbassato i prezzi delle case e danneggiato le locazioni. In questo contesto difficile, i risparmiatori del nostro Paese stanno tentando strade nuove. Il risparmio gestito, le polizze d’investimento ed il trading sono infatti in forte crescita. Non sempre, però, i risultati sono in linea con le aspettative. I motivi di queste delusioni finanziarie sono molti. Cigni neri e scarsa pianificazione hanno certamente un peso rilevante ma spesso le cause vanno ricercate altrove. Vediamo quindi gli addebiti quasi invisibili che erodono i risparmi degli italiani e riducono i rendimenti.
Non solo tasse
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Certamente il Fisco riveste un ruolo importante nel determinare i rendimenti degli investimenti. I guadagni sui mercati scontano infatti una trattenuta alla fonte del 26%. Questa aliquota scende al 12,5% per i rendimenti pagati da emittenti pubblici, statali e sovranazionali. Ogni anno l’Erario applica anche un’imposta pari allo 0,2% dei capitali investiti con un minimo di 34,20 euro. Inoltre, con la Legge 228/2013 anche l’Italia ha introdotto la cosiddetta “Tobin tax”. Ovvero una trattenuta variabile tra 0,1% e 0,2% applicata sul trasferimento di determinati titoli, soprattutto azionari. Insomma, la tassazione riduce sensibilmente i guadagni maturati sui mercati, soprattutto nell’attuale contesto di tassi molto bassi. Gli addebiti quasi invisibili che erodono i risparmi degli italiani dipendono però da molteplici fattori. In alcuni casi poco noti ai piccoli investitori.
Gli addebiti quasi invisibili che erodono i risparmi degli italiani
I fondi comuni consentono di investire in settori e strumenti con i quali non si ha dimestichezza. Le commissioni applicate dai gestori sono però talvolta elevate o poco chiare ai risparmiatori. Comportando in alcuni casi una drastica riduzione dei rendimenti attesi. Anche gli ETF, strumenti a gestione passiva e notoriamente meno costosi dei fondi, possono nascondere insidie.
Gli scarsi volumi delle compravendite possono infatti causare un disallineamento tra il loro valore teorico ed il prezzo di mercato. Con la conseguenza che il risparmiatore si vede accreditare importi nettamente inferiori alle aspettative. Questo fenomeno, noto come spread denaro-lettera va attentamente valutato prima di effettuare investimenti in ETF. Va posta anche particolare attenzione a quando si fa trading dal proprio home banking. Alcuni titoli compaiono in più mercati, con prezzi che possono differire anche significativamente. Un ordine immesso senza controllare attentamente può quindi comportare una diminuzione del guadagno o, addirittura, una perdita.