Niente è in eterno e tutto varia a velocità differente a seconda del caso. A questa legge elementare non sfuggono neanche i rendimenti sul reddito fisso, dove gli emittenti adeguano gli interessi in base alle dinamiche del mercato. Essi oggi sono ai loro massimi di periodo, ma non sappiamo se e di quanto altro continueranno a salire nel futuro prossimo.
Giusto a titolo di esempio, meno di un mese fa Cassa Depositi e Prestiti ha ritoccato la scuderia dei buoni fruttiferi postali (BFP). Nello specifico, il buono 4×4 è stato ritirato dal mercato e quindi non più disponibile per la sottoscrizione. Su alcuni buoni, invece, l’emittente ha ritoccati al rialzo i rispettivi rendimenti. È il caso del buono ventennale, oggi decisamente più ricco rispetto a prima. Infatti è favoloso quanto fruttano 10.000 euro sul nuovo buono ordinario ora che sono aumenti gli interessi
I tratti salienti del buono ordinario
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Abbiamo già detto che questo titolo prevede un investimento di durata ventennale. Tuttavia, al pari degli altri BFP l’emittente ammette il rimborso anticipato dello strumento a discrezione e/o esigenza del titolare del buono. L’importante è che siano rispettati i termini di prescrizione (per i buoni cartacei), cioè che il riscatto avvenga entro i 10 anni successivi alla scadenza prevista.
La struttura dei rendimenti è del tipo step-up, cioè fissa e crescente al’aumentare del periodo di possesso del titolo. Non solo, ma su questo buono l’emittente li riconosce già dopo 1 anno dalla sottoscrizione e poi ad ogni bimestre.
Tuttavia, a differenza dei BTP che staccano la cedola semestrale, utile per una rendita periodica, per i BFP gli interessi arrivano insieme al rimborso del titolo. Anche qui distinguiamo tra buono ordinario cartaceo e titolo dematerializzato. Nel primo caso il rimborso avviene per l’intero valore in un’unica soluzione. Nel secondo, invece, il titolare può decidere se riscattare tutto o parte del prodotto, ma a partire da importi di 50 € e relativi multipli.
Costi e rischi del buono ordinario
I BFP sono strumenti privi di costi di sottoscrizione, gestione e rimborso finale. Fanno eccezione le “spese fiscali”, ossia la ritenuta al 12,50% sugli interessi attivi e l’imposta di bollo nei casi e modi previsti dalla Legge.
Infine ricordiamo che questi strumenti godono della garanzia dello Stato sul capitale versato e non soffrono del c.d. rischio di mercato. Ossia di ottenere (in sede di rimborso) un capitale inferiore a quello atteso, ossia il valore nominale versato più gli eventuali interessi.
Favoloso quanto fruttano 10.000 euro sul nuovo buono ordinario ora che sono aumenti gli interessi
Dunque, da meno di un mese l’emittente ha innalzato il rendimento annuo lordo a scadenza anche del buono ordinario. Nello specifico si è passati dal vecchio 2,50% all’attuale 3,00%.
Scendendo nel dettaglio, il rendimento effettivo annuo lordo alla fine dei vari anni di possesso del buono ordinario è oggi pari a:
- 0,50% alla fine del 1° anno e nel 2°;
- 0,75% nel 3° e 0,94% nel 4° anno;
- si passa poi all’1,15% nel 5° anno, all’1,29% nel 6° e all’1,39% nel 7°;
- 1,59% nell’8° anno, 1,75% nel nono, 1,87% nel 10° anno e 1,97% in quello successivo.
Dal 12° anno in poi il rendimento effettivo lordo annuo al termine dei vari anni di detenzione del titolo è stabilmente sopra il 2%. Nel dettaglio vale quanto segue:
- 2,06% nel 12° anno;
- 2,13% nel 13° anno, 2,21% nel 14°, 2,33% nel 15° e 2,43% nel 16° anno;
- è pari al 2,58%, 2,71% e 2,83% al termine, rispettivamente, del 17°, 18° e 19° anno;
al 3,00% annuo lordo al compimento del 20° e ultimo anno di vita del buono. In sostanza un capitale di 10.000 € sullo strumento genererà un montante netto finale di 17.043,19 € (al netto della sola ritenuta) nell’estate 2043.