Le difficoltà ci sono da sempre ma oggi tutti fanno inviti a far ripartire l’Italia ma adottando quale piano? Il rapporto Ipsos-Flair dedicato agli “Stati emotivi” che caratterizzano sempre di più la società, la cultura, la politica e l’economia è catastrofico: l’Italia è divisa, le persone disorientate e in preda all’emotività. Molti si chiedono quale sia la ricetta da mettere in campo per sovvertire il presente. Prova a dare una valutazione in merito il presidente del CNEL Tiziano Treu: “Dobbiamo ripartire dai nostri punti di forza, dalle risorse e dalle energie positive che ci uniscono. In questa fase così delicata è fondamentale il ruolo dei corpi intermedi che possono fare da collante tra i territori e le istituzioni”.
Molti passi indietro
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Purtroppo non si sono fatti passi da giganti. L’Italia si presenta sotto una veste complessa e frammentata, territorialmente e culturalmente. Rispetto al passato siamo peggiorati. L’Italia si presenta lacerato e a molte velocità, con dati economici che segnalano fratture classiche, come quella Nord-Sud, ma anche ritmi diversi in territori un tempo assimilabili.
Far ripartire l’Italia ma adottando quale piano in un momento di disorientamento totale in cui le scelte di consumo, politiche, sociali vengono guidate dall’emotività. Una volta avevamo più senso di appartenenza. Gli italiani si sentivano uniti.
Italiani colpiti da analfabetismo funzionale
L’analfabetismo funzionale è sempre più preoccupante: un terzo degli italiani non ha le competenze richieste in varie situazioni della vita quotidiana. Questo deficit del livello di istruzione e formazione pesa come un macigno e pregiudica la crescita. Per non parlare dell’incidenza determinante sul mercato del lavoro.
Scollamento dell’Italia
Il problema del coronavirus può avere un effetto dirompente. Riconquistare tutti il senso di sentirsi italiani ed europei. Ritrovare lo spirito comunitario può essere la strada giusta per far ripartire l’Italia adottando un piano concreto.
Quali strategie seguire
Bisogna adeguarsi ai tempi: oggi c’è una nuova regionalizzazione degli scambi commerciali che si stanno riconfigurando per macroaree. È il momento di spingere con politiche espansive sul territorio nazionale. Strizzando l’occhio in modo più efficace all’Europa e posizionandoci meglio nel rapporto all’interno dell’Unione europea.