Chiunque farebbe il possibile per evitare un accertamento fiscale o di avere problemi con l’Agenzia delle Entrate. Per quanto il Governo Meloni punti a verificare l’operato delle grandi realtà e miri a dare ossigeno a quelle più piccole, ci sono degli errori da non commettere mai in tema fiscale.
Si fa un gran parlare di evasione fiscale nel nostro Paese, anche con delle imprecisioni in merito. Quand’è, in effetti, che si commette un’evasione? Quando si dichiara un reddito inferiore a quello incassato, per esempio, o quando si lavora a nero, senza contratto. È evasione non pagare l’Iva, ad esempio nel caso di mancata emissione di scontrino o fattura. Ma l’evasione riguarda anche le altre tasse, come l’Imu, il canone RAI, l’imposta di registro e l’Irpef sui canoni di locazione e chi più ne ha, più ne metta. È ampio il tema dell’evasione fiscale: ecco 3 modi in cui il Fisco scopre chi non paga, anche per evitare di mettersi nei pasticci in perfetta buona fede. D’altronde, la legge non ammette ignoranza. Molti pensano che l’evasione fiscale sia un reato. Di fatto lo è, ma a determinate condizioni. Per chi non fa la dichiarazione dei redditi, per esempio, lo diventa solo quando l’importo totale di evasione accertata è di almeno 50.000 euro all’anno. La casistica è ampia, ma si può riassumere dicendo che, caso per caso, al di sotto di determinate cifre, non scatta il reato penale, ma l’illecito amministrativo, che prevede una sanzione pecuniaria.
Evasione fiscale: ecco 3 modi in cui il Fisco scopre che non paghi
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Sfatiamo subito un mito: non esistono funzionari in carne ed ossa che si mettono a scandagliare tutti i mancati pagamenti di tutti i contribuenti, da un terminale segreto. Il Fisco, invece, si avvale di software che sono in grado di verificare automaticamente le possibili condotte illecite. Anche basandosi sui dati dell’anagrafe tributaria.
Il Fisco si avvale del Redditometro
Si tratta di un software in grado di comparare le spese sostenute dal contribuente durante un periodo di imposta e confrontarle con i redditi dichiarati. Se le uscite risultano superiori di oltre il 20% delle entrate, scatta l’accertamento fiscale. Soprattutto, se gli acquisti hanno in oggetto beni di lusso come immobili, auto, imbarcazioni. Attenzione anche ai canoni di locazione, che devono essere coerenti con i soldi dichiarati.
Il Risparmiometro come strumento di controllo fiscale
Si tratta di un algoritmo innovativo, sviluppato dall’Agenzia delle Entrate, che serve a verificare la corrispondenza tra i nostri risparmi e il reddito dichiarato. Il funzionamento è analogo a quello del Redditometro. Solo che, invece di calcolare le spese effettuate, verifica la quantità di denaro risparmiato sul conto corrente. Ad esempio, se nell’arco di un anno la persona non si presenta mai ad effettuare prelievi al bancomat, può destare il sospetto di beneficiare di entrate non dichiarate.
L’Anagrafe dei Conti Correnti, o Registro dei Rapporti Finanziari
Quest’ultimo è un enorme database con cui il Fisco controlla tutti i contratti in essere tra cittadini e istituti di credito. In pratica, è un archivio alimentato da informazioni che le stesse banche forniscono al fisco e che vengono aggiornate ogni anno. Si tratta di un calderone dove finiscono conti correnti, finanziamenti, cassette di sicurezza. In tal modo, l’Agenzia delle Entrate viene costantemente edotta su ciò che un contribuente fa con il proprio denaro.
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