A fine aprile l’inflazione continua imperterrita a erodere il potere d’acquisto dei risparmi. Di pari passo prosegue spedita l’analisi dei rendimenti da parte del piccolo investitore, teso a proteggere il capitale accumulato. Tuttavia, spesso la ricerca produce magri risultati dato che essa s’incentra quasi esclusivamente sul reddito fisso. Al riguardo, ecco un titolo di Stato utile per guadagnare il 10% netto totale tra cedole e plusvalenza finale.
Il rendimento è una funzione diretta del rischio, per cui il primo sale quando lievita anche il secondo. Il che non vuol dire gestire superficialmente i risparmi, ma che per spuntare dei rendimenti sopra la media bisognerebbe rinunciare a qualche margine di certezza. I manuali di finanza insegnano che tempo e diversificazione sono due dei migliori antidoti contro i maggiori rischi dei mercati. In alcuni casi potrebbero bastare anche 2 soli ETF per assicurarsi diversificazione del portafoglio e un buon rendimento nel lungo termine.
I punti di forza del reddito fisso
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Il reddito fisso, invece, risponde sostanzialmente alle due principali preoccupazioni dell’investitore avulso al rischio. Ossia certezza del capitale a scadenza (o anche durante il periodo d’investimento) e del rendimento, che deve essere già noto in partenza.
Parimenti cruciali si rivelano altri elementi del prodotto finanziario prescelto. Uno attiene al prestigio e/o solidità finanziaria dell’emittente, da cui dipende in buona sostanza la certezza del capitale investito. Tuttavia, il rating eccessivamente alto dell’emittente conduce giocoforza a dei rendimenti più bassi.
Altrettanto importante è la durata complessiva dell’investimento, dove spesso la scelta cade sul breve-medio termine. Infine, molto considerati sono anche la struttura dei costi (di gestione e tassazione) e il tempo di liquidazione
degli interessi. Questi arrivano tutti a scadenza o sono distribuiti nel corso dell’investimento?
Ecco un titolo di Stato utile per guadagnare il 10% netto totale tra cedole e plusvalenza finale
Tra le tante opzioni disponibili sul mercato, i titoli di Stato cercano di soddisfare a più di queste esigenze dell’investitore.
I soldi investiti sono garantiti dallo Stato Italiano che s’impegna a restituire il capitale a scadenza (prima del termine tutto dipende dalle condizioni del mercato). Le spese legate allo strumento non sono particolarmente esose. Oltre alle commissioni all’intermediario (ed eventuali spese del dossier titoli), poi su di essi grava un regime fiscale di favore. La ritenuta fiscale è infatti al 12,50% e sono esenti dalle imposte di successione.
Quanto alla durata c’è solo l’imbarazzo della scelta, visto che sul MOT sono scambiati BOT e BTP sulle durate (e tipologie) più diverse.
Infine arriviamo al capitolo rendimenti, di noma distribuiti ogni 6 mesi tranne gli zero coupon, per definizione privi di cedole. In generale, l’attuale è una buona stagione per i rendimenti dei BTP se rapportata al recente passato, anche se si tratta spesso di rendimenti reali negativi. Il guadagno offerto dai bond di Stato, infatti, raramente copre l’attuale costo della vita.
Il BTP con scadenza luglio 2026
Consideriamo adesso il BTP con ISIN IT0005370306 emesso il 15 aprile del 2019 e con scadenza il 15 luglio del 2026. Il bond ha una durata residua di 3,23 anni (altri 39 mesi scarsi) e una cedola lorda annua del 2,10%, l’1,8375% netto annuo. Da oggi a scadenza, quindi, l’investitore incasserebbe 6 cedole semestrali piene e 1 parziale (quella in corso, già iniziata a gennaio).
Inoltre portandolo a scadenza arriverebbe anche una discreta plusvalenza sul prezzo (4,558% lordo). Ieri, infatti, il titolo ha chiuso le contrattazioni al prezzo di 95,64 centesimi. A questi valori, pertanto, il rendimento effettivo netto annuo del bond è del 3,125%.