Tra le questioni più discusse nei Tribunali d’Italia ci sono sicuramente quelle legate alle conseguenze di separazione e divorzio. Infatti, oltre a tutte le complicazioni affettive del caso, la fine giuridica di una relazione porta con sé problemi economici e legali. Ad esempio, molte volte si discute sull’affidamento dei figli oppure sull’attribuzione della casa familiare. Si litiga riguardo la divisione dei beni in comunione legale, oppure sulla spettanza e la quantificazione dell’assegno divorzile o di mantenimento.
Infatti, il codice civile prevede che, quando esistano determinate condizioni, il coniuge economicamente forte debba pagare un assegno periodico a quello economicamente più debole. Non solo, l’assegno periodico spetta anche ai figli. La giurisprudenza ha spiegato che cosa comprenda l’assegno di mantenimento per i figli. I giudici hanno chiarito anche quando termini l’obbligo per i genitori di corrispondere il mantenimento ai figli.
Quando spetta il mantenimento
Indice dei contenuti
Chiarita la questione dei figli, bisogna capire quando spetti l’assegno di mantenimento da un coniuge verso il proprio ex. Lo ha spiegato una recente ordinanza della Corte di Cassazione, numero 3015. I giudici hanno affrontato il caso di una donna che volontariamente lasciava il proprio posto di lavoro e chiedeva all’ex marito un aumento dell’assegno di mantenimento. Allora, ecco se l’ex moglie che si licenza, secondo la giurisprudenza, ha diritto all’assegno di mantenimento o ad una sua maggiorazione.
Per la Cassazione la funzione essenziale dell’assegno di mantenimento è quella di permettere all’ex partner di condurre un’esistenza dignitosa e autonoma. Se, cioè, l’ex partner non ha risorse sufficiente per garantire la propria sussistenza, allora, interviene la legge costringendo l’ex a fornirgli un assegno periodico. Ormai, non conta più il tenore di vita avuto durante il matrimonio, il criterio fondamentale, oggi, è quello di consentire all’altro di vivere un esistenza, appunto, libera e dignitosa.
Ecco se l’ex moglie che si licenzia può ottenere una maggiorazione dell’assegno di mantenimento
Proprio sulla base di questo fondamentale criterio, i giudici hanno negato alla donna che si licenzia la possibilità di ottenere un aumento dell’assegno di mantenimento che già percepiva. Infatti, secondo la Corte la donna aveva, non solamente, tutte le capacità per lavorare e condurre autonomamente una vita dignitosa. Per i giudici, oltretutto, anche dopo aver lasciato volontariamente il lavoro, la donna aveva una situazione patrimoniale tale da non giustificare un aumento del sussidio da parte dell’ex. Dunque, per valutare se spetti o meno l’assegno di mantenimento, o una sua maggiorazione, i giudici hanno fatto riferimento alle condizioni personali ed economiche della donna.
Lettura consigliata
Ecco le differenze tra assegno di separazione e assegno divorzile