Tra gli strumenti di investimento del reddito fisso, i buoni fruttiferi postali (BFP) sono da sempre nelle corde degli italiani. Fiducia nella controparte, capitale sempre garantito, semplicità del prodotto proposto sono alcuni degli elementi alla base di tale preferenza. Poi ovviamente c’è il discorso dei rendimenti, che variano nel tempo a seconda delle condizioni del mercato. Al riguardo, ecco quanto rendono oggi 10.000 euro sul buono fruttifero ordinario a 10 e 20 anni.
Come recita la pagina dedicato al prodotto sul sito di Poste, è l’investimento (pre) scelto da milioni di italiani dal 1925. Con esso, in particolare, l’investitore ha modo di investire sul lungo termine e di conseguire rendimenti fissi e crescenti.
I tratti salienti del buono fruttifero ordinario
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Questo buono ha una durata complessiva di 20 anni, ideale quindi per chi cerca una soluzione di lungo termine per i propri risparmi. Tuttavia, al pari degli altri BFP se ne può chiedere il rimborso anche prima della scadenza. L’emittente riconosce il capitale versato e, dopo 1 anno dall’acquisto, gli interessi netti maturati (insieme al rimborso del buono). Prima di tale termine si ha diritto al primo ma non ai secondi, mentre successivamente gli interessi sono riconosciuti ad ogni bimestre.
I soldi versati su questi strumenti godono della garanzia dello Stato Italiano e di un regime fiscale agevolato. La ritenuta fiscale è infatti del 12,50% e sono esenti da imposta di successione. Quanto all’imposta di bollo, essa è dovuta nei soli modi e casi previsti dalla Legge. Infine non si prevedono costi di sottoscrizione, gestione e rimborso finale, sia a scadenza che prima.
Come si sottoscrivono e come si rimborsano i buoni ordinari
Per sottoscrivere il buono ordinario si può procedere tanto per il canale online che tramite lo sportello postale. La prima modalità è riservata ai titolari di libretto Smart (qui è ancora attivo il tasso del 3% sulla nuova liquidità) o c/c BancoPosta abilitati ai servizi dispositivi in remoto. In alternativa basta recarsi all’ufficio postale muniti di propri documenti e procedere con l’investimento.
In merito al rimborso, invece, bisogna scindere tra titoli in forma cartacea da quelli in formato dematerializzato. Nel 1° caso il rimborso avviene per l’intero valore del titolo detenuto e in un’unica soluzione. Il disinvestimento può aversi a scadenza (sempre entro i termini di prescrizione) o prima, senza alcun costo (tasse a parte).
Nel 2° caso, invece, si può procedere tanto al rimborso integrale del buono inizialmente sottoscritto quanto in una sua parte. L’importo riscattato deve essere pari a 50 euro e/o relativi multipli. Non cambiano invece le condizioni relative al quando e ai costi di rimborso.
Ecco quanto rendono oggi 10.000 euro sul buono fruttifero ordinario a 10 e 20 anni
Veniamo ora ai rendimenti, premettendo che bisogna scordarsi i ricchi interessi del passato e che per ogni durata va fatta la scelta del miglior buono fruttifero. Oggi i tassi offerti sono molto più contenuti. In particolare, le condizioni economiche in vigore dal 24 gennaio 2023 prevedono questi rendimenti effettivi annui lordi alla fine dei relativi periodi di possesso:
- alla fine del 1° anno, e nel 2° anno, lo 0,50%;
- nel 3° anno, lo 0,58% (netto: 0,51%);
- nel 4°, 5° e 6° anno, rispettivamente, lo 0,69%, lo 0,85% e lo 0,96%;
- nel 7° anno l’1,03% e l’1,22% nel corso dell’8°;
- l’1,36%, l’1,47% e l’1,57% nel corso, rispettivamente, del 9°, 10° e 11° anno;
- nel 12° anno, l’1,64% (netto: 1,45%);
- nel 13° l’1,71%, nel 14° l’1,78% e nel 15° l’1,90%;
- nel 16° anno si arriva al 2,00% (netto: 1,78%);
- infine abbiamo il 2,14%, il 2,27%, il 2,39% e il 2,50% al termine, rispettivamente, del 17°, 18°, 19° e 20esimo anno.
Tuttavia, per una più esaustiva panoramica sui tassi d’interesse del prodotto si consiglia di visionare il relativo Foglio Informativo sul portale di Poste. La tabella B, infatti, illustra tutti i coefficienti da usare per determinare il montante lordo e netto alla scadenza di ogni bimestre a partire dalla (propria) data di sottoscrizione.