Ecco quanto renderebbero 25.000 euro a breve o medio lungo termine tra reddito fisso e capitale di rischio  

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Con i rendimenti in risalita e le Borse toniche da mesi da un lato, e l’inflazione monstre dall’altro, è difficile accettare di tenere i soldi fermi sul conto. Tuttavia, i criteri per rispondere a quanto rende oggi un capitale nel tempo sono davvero tanti. Per avere un’idea al riguardo, ecco quanto renderebbero 25.000 euro a breve o medio lungo termine tra reddito fisso e capitale di rischio. 

Prima di dare alcune possibili risposte ricordiamo che i ritorni finali dipendono principalmente dal diverso combinarsi di almeno 4 fattori:

  • la nostra propensione al rischio;
  • l’orizzonte temporale dell’investimento;
  • il vero obiettivo finale: se ad esempio si punta alla crescita del capitale non ci si può definire completamente restii al rischio, sarebbe incongruente;
  • le spese di tenuta degli strumenti in portafoglio. Fino a prova contraria, infatti, i primi guadagni certi sono sempre quelli legati alle mancate spese. 

Un orizzonte temporale di breve periodo per gestire al meglio 25.000 euro

Restando entro i 12-28 mesi di durata dell’investimento, potremmo pensare a tre distinte alternative. 

Una rimanda al conto deposito (CD), l’altra alle offerte Supersmart di luglio sul libretto postale e l’altra al BOT entro i 12 mesi. Si tratta di soluzioni distinte per emittente, tassazione, regole sull’eventuale svincolo anticipato, etc. Tuttavia, Il breve periodo d’impiego del denaro dovrebbe farci muovere con elevata fiducia circa la necessità o meno di quei soldi a stretto giro.

Altri punti di forza di tali strumenti attengono alla garanzia sul capitale depositato e le spese di gestione. Su titoli di Stato e libretto postale c’è la garanzia dello Stato, mentre i CD sono coperti fino a 100mila €. Quanto al fronte spese, quelle di matrice fiscale le abbiamo sempre (ritenuta al 26% per i CD e offerta Supersmart, del 12,5% sui titoli sovrani). Le commissioni di compravendita le abbiamo solo sui BOT, assenti altrove. L’imposta di bollo e il dossiere titoli, infine, si pagano secondo quanto prevede la Legge o il contratto con il proprio intermediario.

Infine uno sguardo ai rendimenti. Quelli più ricchi riguardanti questi prodotti si aggirano di norma sul 3,50-3,75% lordo annuo.

Investire il capitale a medio 

Passiamo all’orizzonte temporale di medio periodo, tipo tra i 3 e i 5 anni. Se anche in questo caso la preferenza fosse per il reddito fisso, allora ritornano i tre emittenti di cui sopra. Le scelte dovrebbero ricadere su titoli di Stato, buoni fruttiferi o CD a seconda dei criteri che stanno più a cuore. Se si punta tutto al guadagno finale, i BTP la spuntano sui concorrenti. Se si punta alla certezza del capitale anche durante il periodo di maturazione allora sarebbe meglio preferire buoni e CD.

Sul capitolo rendimenti, nei casi più felici si viaggia nell’ordine del 4-4,50% lordo annuo. Se si inseriscono (e sovrappesano) in portafoglio strumenti con un certo grado di rischio si può arrivare anche 5% lordo annuo. 

Per il resto (spese, garanzie sul capitale, etc) valgono grosso modo le stesse considerazioni viste sopra. Tuttavia, ve n’è un’altra molto importante da fare. La diversificazione del portafoglio è la via maestra per guadagnare di più e contenere il rischio. Tale regola vale tanto sul breve quanto e soprattutto sul medio e lungo termine. L’all-in potrebbe rivelarsi una strategia operativa controproducente quando il tempo dell’investimento è nell’ordine degli anni.

Ecco quanto renderebbero 25.000 euro a breve o medio lungo termine tra reddito fisso e capitale di rischio

Vediamo infine altre tre strade per chi ha una discreta propensione al rischio e punta sulla crescita del capitale sul lungo termine. 

Il primo rimanda al duo dei fondi comuni d’investimento (fondi attivi) o agli ETF (fondi passivi). In entrambi i casi c’è l’imbarazzo della scelta tra i fondi esistenti (bilanciati, azionari, a tema, etc) proposti dai gestori. Nei fondi attivi, in particolare, il gestore s’impegna a fare meglio del benchmark di riferimento. Nel 2°, invece, l’ETF di turno replica fedelmente il sottostante su cui è investito il capitale raccolto. 

Il PAC, Piano d’Accumulo del Capitale, ha invece dalla sua parte due punti di forza. Il primo è che ottimizza il punto d’ingresso sui mercati in quanto spalma nel tempo gli acquisti. Il secondo è quello di sfruttare appieno la forza e la crescita dei mercati nel lungo periodo (10-15 anni in poi). L’asso nella manica, infatti, risiede nel’interesse composto che garantisce ottimi ritorni sulle lunghe distanze. 

Infine si può decidere di implementare da subito strategie tipo 60/40 per sfruttare le potenzialità del reddito fisso e del capitale di rischio sul lungo termine. Portafogli ben strutturati nei prodotti, nei pesi e nei tempi giusti possono rendere anche fino al 7% lordo annuo. Ecco quanto renderebbero 25.000 euro e alcune possibilità che offre il mercato

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