Quando viene a mancare un genitore si ha diritto a ricevere assegni mensili dall’INPS se si possiedono alcuni particolari requisiti. Il trattamento ai superstiti infatti non spetta unicamente al coniuge superstite. Ed anzi nel caso in cui entrambi i coniugi siano defunti sono proprio i figli a beneficiare dei ratei pensionistici. Tale beneficio non ricade tuttavia su tutti i figli indistintamente, ma occorrono specifici requisiti di accesso. Vi sono infatti alcuni vantaggi economici che spettano soltanto ai contribuenti che versano in particolari situazioni. Non a caso oltre alle pensioni di reversibilità l’INPS paga altri assegni mensili alle vedove di quest’età. Pertanto esistono anche requisiti anagrafici, oltre che reddituali, che consentono il riconoscimento di somme di denaro aggiuntive. Si tenga conto ad esempio che l’INPS versa subito fino a 655 euro in più sulle pensioni di reversibilità delle vedove in questi casi.
E l’erogazione di ulteriori aiuti economici spesso serve a sostenere eventuali situazioni di fragilità economica del coniuge superstite. Ciò vale soprattutto per i nuclei familiari monoreddito in cui vi sono ancora figli fiscalmente a carico. Pertanto alla morte del genitore ecco quanto prende di pensione di reversibilità il figlio convivente e disoccupato finché non trova lavoro. E come cambia la percentuale della quota pensionistica spettante anche in base al numero dei figli del defunto. Di sicuro vi sono buone notizie riguardanti gli importi futuri e in particolare quelli a partire da gennaio 2022. I consulenti previdenziali hanno già informato su quanto aumenteranno dall’anno nuovo le pensioni di reversibilità delle vedove che percepiscono meno di 1.000 euro.
Ecco quanto prende di pensione di reversibilità il figlio convivente e disoccupato finché non trova lavoro
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Analizziamo adesso i casi in cui i figli del defunto pensionato hanno diritto a percepire con cadenza mensile i ratei previdenziali. La scomparsa improvvisa dei titolare di pensione potrebbe infatti determinare una situazione di precarietà finanziaria. Tale circostanza riguarda in particolare le famiglie in cui il cedolino pensionistico del defunto rappresentava l’unico reddito su cui contare. E quindi proprio i nuclei familiari in cui risultavano ancora figli economicamente a carico del defunto. Venendo meno il titolare di pensione l’INPS comunque garantisce l’erogazione degli assegni previdenziali al coniuge superstite e ai figli. Vi sono tuttavia alcuni limiti anagrafici o specifiche condizioni di inabilità che conferiscono diritto al godimento del trattamento.
In assenza di tali requisiti infatti l’Ente previdenziale sospende il pagamento della pensione ai superstiti. In base al Decreto legislativo 335/1995 hanno diritto alla reversibilità anche i figli ed equiparati che alla data del decesso del pensionato posseggono particolari requisiti. Nello specifico spetta il 70% dell’importo previdenziale in caso di figlio unico, l’80% per 2 figli e il 100% in presenza di 3 o più figli. Hanno diritto a tali quote pensionistiche non solo i figli minorenni, ma anche quelli che frequentano un corso universitario e non lavorano. Ciò tuttavia fino all’età di 26 anni perché oltre tale limite anagrafico decade il diritto alla reversibilità.
Anche gli studenti di scuola media superiore ricevono la quota pensionistica almeno fino all’età di 21 anni e se non hanno un impiego retribuito. Al contrario, perde definitivamente il diritto al trattamento ai superstiti il figlio del defunto che trova un lavoro. Diverso il caso del figlio disabile che non può svolgere attività lavorativa cui l’INPS non sospende l’erogazione degli assegni.