È in continua crescita il numero dei lavoratori dipendenti e autonomi che desidera inviare la richiesta di pensionamento. Sono soprattutto le donne a sentire forte il bisogno di smettere di lavorare fuori casa perché stanche di dividersi fra più mansioni. Ma a volte si rinuncia al prepensionamento per non rischiare di perdere una quota dell’assegno previdenziale. Prima di ritirarsi dal servizio sarebbe, infatti, saggio capire di quanto aumentano gli assegni delle pensioni INPS con 2 o 3 anni in più di lavoro. E quindi calcolare le eventuali perdite che si subirebbero nel caso di un’uscita anticipata che potrebbe penalizzare di molto l’importo del rateo spettante.
In particolare deve valutare con molta attenzione l’opzione dell’anticipo pensionistico il lavoratore che non possiede una lunga carriera di versamenti assicurativi. Per avere un’idea si potrebbe, ad esempio, prendere in esame a quanto ammontano gli assegni di pensione a 67 anni con 20 anni di contributi INPS e verificare di quanto aumenta l’importo del rateo previdenziale per chi non richiede il pensionamento anticipato perché ha una storia contributiva più modesta.
Per chi, invece, desidera smettere di lavorare prima ecco quanto prende chi va in pensione a 63 anni con meno di 40 anni di contributi. E in particolare come rimediare ad eventuali buchi di contribuzione e come recuperare i contributi INPS non versati.
Ecco quanto prende chi va in pensione a 63 anni con meno di 40 anni di contributi
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Anche il lavoratore che nel corso della carriera non riesce ad accumulare 40 anni di contribuzione può inviare richiesta di prepensionamento. Per accedere alla pensione a soli 63 anni è richiesto un requisito contributo che oscilla tra i 30 e i 36 anni. Ci riferiamo alla prestazione previdenziale dell’Ape sociale che consente di ricevere un’indennità mensile fino al raggiungimento dell’età della pensione di vecchiaia.
I soggetti con invalidità dal 74%, i disoccupati e chi assiste familiari con gravi disabilità devono possedere almeno 30 di anzianità contributiva. Salgono invece a 36 gli anni di contribuzione necessari ai lavoratori che svolgono mansioni particolari che rientrano nell’elenco delle professioni gravose.
Secondo il dettato della Legge 232/2016 la misura dell’Ape sociale garantisce particolari agevolazioni contributive alle donne che hanno figli. Alle lavoratrici infatti l’Ente previdenziale accredita gratuitamente 12 mesi di contribuzione per ogni figlio fino ad un massimo di 2. E sebbene il calcolo dell’assegno avvenga allo stesso modo della pensione, l’ammontare di tale misura non può superare una specifica soglia. In sostanza chi accede al prepensionamento a 63 anni con 30 o 36 anni di contribuzione non potrà percepire ratei superiori ai 1.500 euro. Si tenga conto infatti che il massimo importo di cui lo Stato si fa carico per l’erogazione dell’Ape sociale corrisponde a 1.500 euro lordi mensili.