I manuali di finanza sono prodighi di consigli sul come investire. Pensiamo a quelli che riguardano la diversificazione del portafoglio (asset class differenti) e l’essere lungimiranti, ossia programmare sul medio-lungo termine. Le evidenze empiriche dimostrano infatti che i portafogli così composti si rivelano discretamente redditizi. Al riguardo, per esempio, ecco quanto guadagno se investo 10.000 euro a 3 anni metà in buoni postali e metà in titoli di Stato.
In questo caso, tuttavia, si tratta di due prodotti formalmente distinti per caratteristiche tecniche, proprie, ma non per il grado di rischio. Entrambi gli strumenti appartengono alla categoria del reddito fisso e quindi non sono scorrelati. Oltretutto la scelta del nostro ipotetico orizzonte temporale, 3 anni, porta a scegliere BTP con basse duration e quindi poco volatili, al pari dei buoni (BFP).
Invece la diversificazione intesa dalla letteratura finanziaria allude alla scelta di asset class distinte (azioni, bond, materie prime, etc) per sfruttarne le rispettive potenzialità.
Pro e contro di titoli di Stato e buoni fruttiferi
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Se il grado di rischio dei due strumenti è relativamente uguale, altri elementi valgono a rendere i due prodotti differenti. Ad esempio sui BFP non vi sono spese di acquisto, gestione e rimborso, cosa che non può dirsi sull’altro fronte. Qui abbiamo le commissioni di compravendita e le eventuali spese legate al dossier titoli.
In entrambi i casi il risparmiatore può liquidare anzitempo lo strumento in possesso, anche se con differenze significative. I BFP danno sempre diritto (entro i termini di prescrizione) al rimborso integrale del capitale. Per i bond di Stato tutto dipende dal proprio prezzo di acquisto contro quello vigente sul mercato all’atto della vendita.
Nessuna distinzione, invece, sotto il profilo fiscale. In entrambi i casi l’aliquota è al 12,50% e godono dell’esenzione dall’imposta di successione.
Quanto ai rendimenti, vanno dette due cose. La prima è che quelli oggi offerti dai titoli di Stato sono mediamente più alti (a parità di orizzonte temporale) a quelli dei buoni. La seconda è che mentre i BTP staccano la cedola ogni 6 mesi, per i BFP gli interessi arrivano tutti a scadenza o all’atto del rimborso, se maturati.
Ecco quanto guadagno se investo 10.000 euro a 3 anni metà in buoni postali e metà in titoli di Stato
Arriviamo adesso alla parte più succosa del discorso. Quanto renderebbero oggi 10mila € a 36 mesi divisi tra i due noti prodotti del reddito fisso?
Tra i vari buoni postali oggi disponibili presso Poste Italiane scegliamo il buono 3 anni Plus. Durata complessiva 3 anni e rendimento annuo lordo a scadenza dell’1,50% (1,31% netto). Quindi 5mila euro di capitale spostati oggi sullo strumento produrrebbero un montante netto finale di 5.199,84, quasi 200 euro netti a metà maggio del 2026.
Più sostanzioso, invece, il ritorno netto complessivo sul bond di Stato. Consideriamo il BTP con codice ISIN IT0005170839 in scadenza il 1° giugno 2026. Il bond ha una cedola lorda annua dell’1,60% (1,4% netto) e stamane prezza sui 94,44 centesimi. A questi corsi di mercato il rendimento effettivo netto annuo a scadenza sfiora il 3,14%. Tradotto, all’incirca 450 € in 3 anni, forse anche al netto delle commissioni bancarie.
Sommando i due flussi di entrate, quindi, si potrebbero guadagnare all’incirca 650 € netti in 36 mesi. Non si tratta di cifre folli, ma pur sempre interessanti rispetto a chi sceglie la via di restare liquido.