Modi, forme e tempi per investire e guadagnare possono assumere le più svariate sfumature a seconda del punto di partenza e quello d’arrivo. Meglio il reddito fisso o il capitale di rischio e con quali e quanti strumenti in portafoglio? E quali regole varrebbero, infine, in merito alla durata dell’investimento, premesso che in genere all’aumentare di durata e rischio sale anche il ritorno finale?
Come si vede si fa presto a dire “investimento” se prima non si valutano al meglio i vari aspetti della faccenda. Senza dimenticare poi la sfera delle spese (tasse e commissioni), il rating emittente e la possibilità di disinvestire anzitempo il capitale. Consideriamo ora un bond di Stato con 6,98 anni di vita residua. In altri termini, ecco quanto fruttano 15.000 euro in banca sul titolo settennale capace di risolvere almeno 3 problemi.
I titoli di Stato oggi nel panorama del reddito fisso
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Tra i prodotti del reddito fisso che stanno vivendo una stagione d’oro in termini di rendimenti oggi spiccano i titoli di Stato. A parità di scadenze, infatti, i loro ritorni netti e lordi spesso battono quelli dei prodotti concorrenti. Vale a dire principalmente buoni postali (BFP) e conti depositi (CD), tranne alcune eccezioni.
Al netto della “sfida-rendimenti”, tuttavia, vanno ponderati altri elementi chiave. Uno rimanda alla possibilità di rientrare anzitempo del capitale: è possibile, e a quali condizioni? Se la prima domanda è positiva (al pari dei BFP e CD svincolabili), la seconda può riservare dolci, come bruschi risvegli. Fino a scadenza, infatti, il prezzo del bond lo decide il mercato, che pertanto può premiarlo come no. Tradotto, al guadagno delle cedole possono scattare ulteriori benefici o possibili perdite in conto capitale a seconda dei casi.
I BTP sono rischiosi oppure no?
Un altro elemento di valutazione concerne il grado di rischio dello strumento. In estrema sintesi, c’è da fidarsi? La risposta più cruda è che niente è sicuro, neanche la liquidità sul conto o nascosta tra i vestiti o sotto il materasso in casa.
Per i bond di Stato un primo elemento da considerare è il rating, un giudizio sintetico in merito alla solvibilità dell’emittente. Seguono il rischio tassi (e quindi inflazione) e quello cambio, che svanisce per quelli denominati in euro. Ovviamente poi c’è il rischio mercato nel caso di eventuale rivendita anticipata dello strumento.
Il capitolo tasse e commissioni può invece dirsi relativamente felice. L’aliquota è al 12,50% al pari dei BFP (e più bassa del 26% dei CD), mentre le commissioni dipendono dalle condizioni previste dalla propria banca. Di contro esse sono generalmente assenti su buoni e conti deposito.
Ecco quanto fruttano 15.000 euro in banca sul titolo settennale capace di risolvere almeno 3 problemi
Vediamo adesso quanto renderebbe un capitale di medio taglio fino a scadenza sulla durata media dei bond di Stato, cioè i 7 anni circa.
Il bond con ISIN IT0005542797 scade appunto il 14 giugno 2030, perfetto per chi cerca una rendita di medio termine. Il titolo prevede infatti un interesse lordo annuo del 3,70%, pari al 3,2375% netto. In pratica s’incasserebbero 485 € netti all’anno (metà il 15 giugno e metà il 15 dicembre) fino all’estate 2030 su un ipotetico capitale di 15mila €.
Un altro piccolo vantaggio del bond deriva dall’attuale quotazione ancora sotto cento. Se oggi il titolo scambia sui 99,60 centesimi, fino a poche sedute fa il bond scambiava tra i 97,60 e i 99 centesimi. È probabile (ma sarà tutto da verificare) che la futura inversione politica dei tassi BCE e il lento ridursi della durata residua porti il bond in area 100, o forse anche oltre.
Ad ogni modo il BTP sembra capace di soddisfare almeno 3 esigenze del piccolo investitore. Avere in portafoglio uno strumento non costoso, di durata intermedia e capace di generare una discreta rendita periodica. Forse potrebbe non rappresentare il top, ma a volte basta quel pizzico di sale in più per rendere decisamente frizzante un portafoglio.