Ecco quando registrare una conversazione non è reato e come possiamo farlo per tutelarci, anche al lavoro

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Nell’epoca della tecnologia, tutto può essere sicuro e tutto può essere pericoloso.

Possiamo pubblicare le nostre foto con amici e conoscenti, postare online i video delle vacanze e scrivere pensieri poetici senza alcun problema. Ognuno di noi utilizza i social e gli strumenti tecnologici come meglio crede, rispettando in ogni caso la libertà e i diritti altrui. È in questo caso che potrebbero sorgere dei dubbi, quando è poco chiaro il confine tra ciò che è lecito e ciò che è illecito.

Un esempio di questa difficoltà sta nelle registrazioni delle conversazioni, che siano telefoniche, tramite videoregistrazione o in presenza.

Spesso ci si chiede se sia possibile registrare di nascosto il dialogo tenuto con qualcuno e tanti credono che sia un vero e proprio reato.

Si sbaglia di grosso chi la pensa così, perché bisogna fare un’importante precisazione.

Ci sono dei casi in cui si può andare incontro ad una sanzione penale, ma questo riguarda l’uso concreto che si fa della registrazione.

Analizziamo insieme i dettagli della questione e scopriamo in quali casi possiamo utilizzare questo “strumento” a tutela dei nostri diritti, specialmente in campo professionale.

Ecco quando registrare una conversazione non è reato e come possiamo farlo per tutelarci, anche al lavoro

In più occasioni, la Cassazione ha affermato che chi partecipa ad un dialogo accetta la possibilità di essere registrato, anche a sua insaputa. Ne consegue, dunque, la legittimità dell’azione, ma attenzione ad alcune precisazioni.

Infatti, se la registrazione si divulgasse a terze persone, si rischierebbe di essere perseguiti per diffamazione o violazione della riservatezza altrui, a seconda del caso.

Qualora lo scopo non sia quello di offendere o rendere pubblici i fatti altrui, allora vediamo come sfruttare questo strumento a nostro favore.

Qualcuno usa le registrazioni delle conversazioni con l’ex coniuge nei casi di separazione o divorzio, ma oggi ci occuperemo prettamente dell’ambito lavorativo. Premettiamo che affinché la registrazione sia utilizzabile in un eventuale giudizio, sono necessari due presupposti. Il primo è la presenza di chi registra, per cui non si può lasciare un registratore acceso e allontanarsi per fare altro.

Il secondo è il luogo in cui avviene la registrazione. Deve trattarsi di un luogo aperto al pubblico, come un bar, e non anche privato, come l’auto altrui.

Fatta questa premessa, andiamo al caso concreto.

Mobbing, ritorsioni e minacce

Negli ultimi anni, si sta diffondendo sempre di più il triste fenomeno del mobbing, soprattutto da parte dei datori di lavoro.

Quando si parla di mobbing ci si riferisce ad un insieme di condotte persecutorie perpetrate nell’ambiente di lavoro nei confronti di un dipendente. In queste situazioni, diventa difficile dimostrare in giudizio i singoli e spiacevoli comportamenti, per cui risulta necessario adottare una strategia.

Un esempio è proprio la registrazione delle minacce o, in generale, dei comportamenti vessatori, così da dimostrare il fatto in giudizio.

Occhio però a non diffondere il contenuto, come già accennato, tra colleghi o a terzi. Si rischia di passare dalla parte della ragione alla parte del torto. Inoltre, è importante discernere le situazioni in cui si vedono violati i propri diritti, da altre meno gravi e risolvibili attraverso il dialogo.

Ecco quando registrare una conversazione rientra nei limiti della legalità, ma occhio all’utilizzo che si fa del contenuto.

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