Ormai è noto come la posizione sedentaria in ufficio possa causare fastidi a collo e schiena. Buona norma, è, infatti, dopo molte ore seduti alzarsi e magari fare qualche rapido esercizio. In molti casi, questi dolori rimangono dei fastidi che non aprono a patologie vere e proprie. In altri casi, invece, l’assunzione di posizioni non ergonomiche per molte ore al giorno, e magari per un impiego che dura da anni, possono portare a complicazioni. Vediamo se l’INAIL è tenuto a considerare questo tipi di dolori malattia professionale e, dunque, a liquidare il dovuto indennizzo.
Il lavoro può mettere a rischio la salute dei dipendenti. Infatti, l’articolo 2.087 del Codice Civile prevede che l’imprenditore deve tutelare, con tutti i mezzi necessari, la salute fisica e mentale dei propri lavoratori. Ad esempio, il capo è tenuto a proteggere la salute mentale dei propri dipendenti anche per i comportamenti dei colleghi. Se si crea un ambiente di lavoro non sano che genera stress eccessivo oppure si verificano episodi di mobbing o stalking, il datore di lavoro potrebbe doverne rispondere.
Non solo, lo stress sul lavoro è un tema di discussione sempre più attuale. Tanto che sui giornali si sente parlare, sempre più di frequente, di esperimenti di grandi aziende su giornate lavorative ridotte o settimane di lavoro brevi.
Lo stress dei dipendenti è, infatti, un fattore che l’imprenditore deve ormai prendere in considerazione e cercare di risolvere. Tanto più che una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che, a determinate condizioni, lo stress da lavoro può portare a malattia professionale indennizzabile dall’INAIL.
Salute fisica e mentale sul lavoro
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Ispirandosi a questi principi espressi dalla Corte di Cassazione, il Tribunale di Reggio Calabria, con la recente sentenza numero 1.927, si è occupata di un problema molto diffuso sul lavoro. E allora, ecco quando l’INAIL deve liquidare come malattia professionale i dolori alla schiena oppure al collo.
Il caso affrontato dal Tribunale riguardava quello di un operatore di esercizio che lavorava per un’azienda di trasporti. Questo aveva iniziato a lamentare forti dolori sia al tratto cervicale che alla zona lombare della schiena.
Era, dunque, costretto ad assumere antidolorifici fino alla data degli accertamenti medici del caso. Attraverso esami specialistici emergeva come avesse sviluppato un ernia discale. Di conseguenza, chiedeva all’INAIL l’attivazione dell’indennizzo previsto in caso di malattia professionale. L’INAIL, però, negava l’indennizzo non ritenendo che fosse provata la derivazione dell’ernia e dei dolori al tratto cervicale dall’attività lavorativa svolta.
Ecco quando l’INAIL deve liquidare come malattia professionale questi dolori comuni
Il Tribunale ha, però, ribaltato la decisione dell’INAIL e ha costretto l’Ente Pubblico a liquidare l’indennizzo al lavoratore. Infatti, a seguito di apposita CTU è stato chiarito come l’emersione dell’ernia e dei dolori al tratto cervicale derivavano dal lavoro svolto dall’uomo.
Oltre a questo, in base al principio più volte fissato dalla giurisprudenza, e oggi tradotto in legge, chi chiede il riconoscimento della malattia professionale è sempre ammesso a provare il nesso di causalità con il lavoro. E questo a prescindere dell’elencazione della malattia nelle apposite tabelle di rischio previste per ogni tipo di lavoro.