Ecco perché l’INPS dall’anno prossimo darà più soldi ai pensionati italiani e gli aumenti non potrebbero essere bassi, anzi

INPS

I pensionati italiani stanno vivendo sulla loro pelle gli aumenti spropositati dei prezzi al consumo, come del resto anche i lavoratori. A farne le spese  in particolare modo coloro che percepiscono redditi fissi. Dopo la pandemia, molti beni e servizi costano più di prima e spesso anche di molto. Per chi vive di sola pensione, può essere un grosso problema. I pensionati con assegni bassi non hanno in molti casi altre entrate con cui sostentarsi. Per questo, ogni anno l’Istituto adegua le pensioni sulla base delle variazioni del costo della vita ed ecco perchè l’INPS dall’anno prossimo prevede aumenti.

Aumenti pensioni 2022

Per l’anno 2022, sappiamo che la rivalutazione degli assegni sarà dell’1,7% fino a 2.062,32 euro, quattro volte il trattamento minimo nel 2021 a 515,58 euro. Per gli assegni superiori alle quattro volte e fino alle cinque volte il trattamento minimo, cioè compresi tra 2.062.32 e 2.577,90 euro, l’aumento sarà dell’1,53%. Infine, per gli assegni sopra le cinque volte il trattamento minimo, la rivalutazione sarà dell’1,275%. Da dove derivano questi numeri?

Secondo la nuova legge in materia di adeguamenti pensionistici, gli assegni fino a quattro volte il trattamento minimo aumentano ogni anno di una percentuale pari al 100% dell’inflazione FOI rilevata dall’ISTAT per l’anno precedente. Per gli assegni tra quattro e cinque volte il minimo, l’aumento scende al 90% dell’inflazione. Per quelli sopra cinque volte il minimo al 75%. Fatto salvo che, ad esempio, un assegno di sette volte il trattamento minimo è adeguato :

  • al 100% dell’inflazione fino all’importo corrispondente a quattro volte il minimo;
  •  del 90% tra quattro e cinque volte il minimo;
  • al 75% per la quota eccedente il quintuplo del minimo.

Ecco perché l’INPS dall’anno prossimo darà più soldi ai pensionati italiani e gli aumenti non potrebbero essere bassi, anzi

Nel 2021, però, l’inflazione ISTAT è stata dell’1,9%. Un po’ superiore all’1,7% che il MEF aveva stimato sul finire dell’anno e prima di emanare il decreto per le rivalutazioni delle pensioni. Questo significa che nel 2023, i pensionati italiani riceveranno dall’INPS la differenza dello 0,2% a cui hanno diritto, indipendentemente dal dato dell’inflazione di quest’anno.

A febbraio, l’inflazione italiana è salita al 5,7% (6,2% il dato armonizzato con il resto dell’Eurozona), ai massimi dal 1995. L’inflazione acquisita, cioè quella che si avrebbe nell’intero 2022 in assenza di variazioni mensili tra febbraio e dicembre, è salita al 4,3%. Secondo Confesercenti, salirà fino al picco del 7,7% a luglio. Tuttavia, la guerra in corso tra Russia e Ucraina potrebbe peggiorare lo scenario, prolungando il rialzo dei prezzi. Non è improbabile che il dato del 2022 si attesti al 5% o più. Il governo Draghi lo ha stimato nel settembre scorso all’1,5%, ma sembra una previsione ormai del tutto superata.

Se immaginiamo un’inflazione al 5%, gli assegni nel 2023 crescerebbero di molto. Tenendo presente anche lo 0,2% da recuperare sul 2021, un assegno di 800 euro al mese aumenterebbe di 41,6 euro. Sarebbero 540,8 euro lordi all’anno, tredicesima compresa. In pratica, quanto una quattordicesima. Per un assegno di 1.000 euro, la cifra in più percepita sarebbe di 52 euro al mese, cioè 676 euro nell’intero anno. Certo, si tratterebbe solo di adeguare le pensioni al costo della vita, per cui ci sarebbe poco di cui rallegrarsi.

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