Il sistema pensionistico italiano va riformato, ed è una cosa su cui molti concordano. Tecnici e politici, sindacati e contribuenti, anche se con idee ed ipotesi diverse, vorrebbero alcune modifiche alle regole per andare in pensione. Negli anni diverse novità sono state introdotte, ma il più delle volte si tratta di misure tampone, spesso a scadenza. Ecco i motivi per cui ai nati nel 1958 potrebbero subire dei ritardi.
Ciò che accadde con l’avvento della riforma Fornero, con gli esodati, si è verificato per diversi lavoratori ogni anno. La pensione si è sempre di più allontanata ed il restare a lavorare per ulteriori anni potrebbe far male anche alla salute superata una certa età.
Ecco i motivi per cui ai nati nel 1958 e nel 1959 la pensione si allontanerà di 3 o 4 anni a partire dal 2023
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Esistono delle categorie di lavoratori che possono anticipare la quiescenza a 63 anni anche adesso. Ma si tratta di una possibilità che vale solo nel 2022, almeno per il momento. Altri invece possono sfruttare un canale di uscita a 64 anni. Anche in questo caso, solo entro la fine del 2022. Per i nati nel 1959 fino al 31 dicembre c’è l’APE sociale. Serve arrivare a 30, 32 o 36 anni di contributi in base alla categoria di appartenenza. Ed ogni categoria ha ulteriori requisiti specifici da rispettare. Sforare uno solo di questi requisiti può portare a perdere 4 anni di pensione. Infatti l’alternativa oggi vigente, salvo correttivi del Governo è la pensione a 67 anni. Si passerebbe dall’uscita nel 2022 ad una uscita nel 2026.
La riforma serve, altrimenti si rischiano nuovi esodati
Per esempio, un lavoratore edile nato nel 1959 che non riesce a completare i 32 anni di lavoro entro la fine del 2022, corre il rischio di perdere 4 anni. Stessa situazione anche per chi ha completato i 32 anni di contributi, ma non completa il requisito finale. Bisogna aver lavorato in edilizia per 7 degli ultimi 10 anni di carriera o per 6 degli ultimi 7. Situazione identica per gli altri gravosi, dalle maestre delle scuole dell’infanzia alle ostetriche o infermieri di sale pari e sale operatorie.
La differenza è che per questi la carriera utile deve essere pari a 36 anni. Cambia poco anche per disoccupati, invalidi e caregivers, che sono le altre categorie che rientrano nell’APE sociale. In questo caso la contribuzione minima versata deve essere pari ad almeno 30 anni. Senza questo minimo contributivo, la pensione rischia di slittare come detto al 2026. Se per l’APE sociale si perdono 4 anni, per la Quota 102 se ne perdono 3. Anche in questo caso parliamo di una misura in scadenza il 31 dicembre prossimo. Significa che un nato nel 1958, che al 31 dicembre 2022 non ha completato i 38 anni di contribuzione utile alla misura, di cui 35 al netto dei figurativi da disoccupazione e malattia, non potrà accedere alla prestazione.
E le porte della quiescenza per loro si apriranno solo nel 2025. Per questo, ecco i motivi per cui ai nati nel 1958 subiranno probabilmente una penalizzazione simile a quella con cui hanno avuto a che fare gli esclusi da Quota 100. Dal primo gennaio scorso infatti, Quota 100 è sparita, lasciando fuori molti lavoratori che avevano completato i 62 anni di età entro la fine del 2021, ma senza i 38 anni di contributi necessari.
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