Forbes ha stilato, pochi giorni fa, la classifica degli uomini più facoltosi del Mondo. Al trentesimo posto appare il primo italiano, nonché settimo europeo. Stiamo parlando di Giovanni Ferrero, il signor Nutella, un habitué, ormai, di questo tipo di classifica. Quest’anno la sua azienda ha migliorato ancora il fatturato. Il segreto? Andiamo a scoprirlo insieme.
Un imprenditore schivo, che non ama apparire, che si muove nei suoi ambiti, senza lasciarsi prendere da manie di protagonismo. Pensiamo, per esempio, a quante volte il suo nome è stato accostato al mondo del calcio, senza la benché minima voglia di investire in un settore così tanto liquido che potrebbe scalfire il suo ingente patrimonio. Eh sì, perché Giovanni Ferrero è cresciuto in un ambiente austero, in una città simbolo della laboriosità italiana, Torino, con i valori di una famiglia che ha costruito il suo impero senza voli pindarici.
Oggi, con i suoi quasi 40 miliardi di patrimonio, Ferrero può sedersi al tavolo con i giganti della Terra, ma non dimentica gli insegnamenti del padre Michele, l’uomo che ha ereditato il marchio Nutella dal nonno Pietro, fondatore dell’azienda. 35mila dipendenti sparsi in cinque continenti, eppure, per ognuno di loro dovrebbe valere una sorta di decalogo scritto proprio dal capofamiglia, che Giovanni ha adottato e continua a rendere attuale, nonostante oggi il mondo del lavoro sia profondamente cambiato. È il segreto del suo successo? Forse, magari non l’unico. Sicuramente non è meno importante di qualità dei prodotti, tecnologie e marketing.
Ecco cosa si nasconde dietro al successo di Giovanni Ferrero, l’uomo più ricco del nostro Paese
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“L’individuo al centro dell’impresa”. Uno slogan con cui si riempiono la bocca in molti, ma quanti ancora lo rispettano? In un Mondo in cui il dipendente è sempre più numero e sempre meno persona, valorizzarlo e metterlo nelle condizioni di lavorare al meglio non dovrebbe essere una cosa da sottolineare. Invece, le aziende che ragionano così sono sempre meno. L’intelligenza di Giovanni Ferrero è quella di far valere ancora oggi regole datate come quelle del padre Michele. Scritte in un’epoca in cui i rapporti umani avevano un valore molto più profondo.
Quindi, si pretende dai manager che dedichino tempo ai propri dipendenti, che li ascoltino, che si facciano carico dei loro problemi e di “non farli sentire inferiori”. Ecco che oggi pare che questi concetti siano quasi rivoluzionari.
Il decalogo della Ferrero
E ancora, comunicare gli apprezzamenti favorevoli, senza soffermarsi su quelli sfavorevoli e, quando questo accade, farlo in modo che non sia una critica, ma uno sprone. Condividere le problematiche dell’azienda e non imporle, rendere partecipi i dipendenti degli eventuali cambiamenti e non far sì che li subiscano soltanto. Agire sulle cause e non solo sui comportamenti, cercare di capire, comprendere, indicare la strada.
Insomma, rendere il dipendente un essere umano, non un semplice numero che, poi, inevitabilmente, non renderà come dovrebbe. Infine, l’ultima massima, la più importante, quella che riassume tutto. Quella che non farà diventare magari gli uomini più ricchi d’Italia, ma che consentirà di creare un ambiente lavorativo migliore e più produttivo. “Ricordate che un buon capo può far sentire un gigante un uomo normale, ma un capo cattivo può trasformare un gigante in un nano”.
Ecco cosa si nasconde dietro al successo di Giovanni Ferrero. Poche semplici parole che, ancora oggi, a distanza di anni, rendono riconoscibile e glorioso in tutto il Mondo un marchio simbolo della nostra bistrattata Italia.