La giurisprudenza, sempre più spesso, sta riconoscendo la qualificabilità come malattie professionali di patologie che anni fa non erano ritenute indennizzabili. I giudici spiegano anche come provare la loro esistenza, o il loro aggravamento, all’INAIL. Vediamo come.
Le persone passano molte ore al giorno a lavoro, spesso in ufficio, per la maggior parte del tempo sedute. Non serve svolgere attività e mestieri pericolosi per rischiare di sviluppare malattie professionali. Infatti, lo stare seduti per molte ore, in modo continuativo e magari per diversi anni, può portare allo sviluppo di dolori cervicali oppure alla schiena. Anche lo stress, collegato al lavoro d’ufficio, può favorire lo sviluppo di patologie. Conoscendo queste condizioni dei lavoratori, la giurisprudenza sta dedicandosi e riconoscendo come malattie professionali delle patologie non riconosciute anni fa come tali.
Come noto, l’INAIL è l’Ente pubblico che si occupa di gestire l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro. Nel nostro Stato, che tra i suoi principi fondamentali ha quello della garanzia dell’assistenza sociale, importantissime sono le misure di contrasto agli infortuni e alla vecchiaia. L’INAIL svolge anche funzioni secondarie, come garantire il reinserimento nel mondo del lavoro di chi è stato infortunato. Attività di ricerca per controllare il rispetto delle normative di sicurezza sul lavoro. Più in generale attenziona il mondo del lavoro per evitare e prevenire gli infortuni.
La legge prevede, poi, che i datori di lavoro che svolgono attività, individuate dalla legge come pericolose, hanno l’obbligo di stipulare presso l’INAIL un’assicurazione. Questa è diretta a tutelare i lavoratori da infortuni e malattie professionali. Il concetto di malattia professionale si sta, però, evolvendo. E infatti, sempre più spesso, la giurisprudenza sta riconoscendo nuove patologie come riconducibili all’attività lavorativa, e dunque, indennizzabili dall’INPS.
La malattia professionale
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In diverse sentenze la Cassazione ha spiegato che cosa debbano fare i lavoratori per chiedere l’indennità INAIL in caso di infortunio o malattia professionale. Allora, ecco come provare il peggioramento, oppure l’esistenza stessa, della malattia o dell’infortunio professionale. Due esempi molto recenti sono indicativi di questa evoluzione giurisprudenziale. In particolare, si tratta delle patologie che derivano dallo stress oppure quelle che portano a dolori alla schiena o al tratto cervicale.
Le patologie derivanti da stress o che portano a dolori alla schiena o al collo in passato non erano ritenuti indennizzabili, generalmente, come malattie professionali. Invece, secondo gli ultimi indirizzi della Corte di Cassazione, è diventato molto più facile per i lavoratori ottenere il riconoscimento dall’INPS della malattia professionale in caso di stress e dolori articolari.
Ecco come provare il peggioramento o l’esistenza stessa della malattia professionale
Una recente e interessante sentenza, numero 454, del Tribunale di Lucca si è occupata di una questione importante. Più in particolare, il Tribunale ha chiarito come dare la prova del peggioramento, o dell’esistenza stessa, della malattia professionale. Più esattamente nel caso in cui l’INAIL rifiuti la qualificazione di una patologia come malattia professionale indennizzabile.
Il Tribunale ha spiegato che se l’INAIL nega il risarcimento, è sempre ammesso il ricorso al giudice. Questo potrà utilizzare la consulenza tecnica d’ufficio, cosiddetta CTU, con cui un professionista, nominato dal giudice stesso, valuterà le condizioni del lavoratore. Ove l’INAIL abbia sbagliato nel qualificare quella specifica condizione patologica come non indennizzabile, il giudice gli ordinerà di liquidare quanto dovuto.