Aprire una partita IVA con regime forfettario può sembrare molto conveniente ed in realtà lo è. Si pagano le tasse al 5 o al 15% ma solo su un coefficiente di redditività che varia in base all’attività. Ma non si paga l’IRPEF in base agli scaglioni ordinari. Anche se si guadagnano più di 50.000 euro (per ora il limite di guadagno per restare nel regime è fissato a 65.000 euro). Il problema principale, però, è che non si ha diritto a nessuna detrazione. Ma ecco come portare in detrazione spese di figli a carico anche se si è in questo regime agevolato.
Come funziona il regime forfettario?
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Supponiamo che su una determinata attività sia stato determinato un coefficiente di redditività del 67%. Ogni 1.000 guadagnati l’autonomo pagherà le tasse solo sul 67% di questi. Il 33% gli resterà in tasca esentasse, come rimborso forfettario delle spese sostenute per l’attività stessa.
Se l’autonomo rientra nel cosiddetto regime dei minimi su quel 67% pagherà il 5% di tasse (più i contributi dovuti all’INPS o alla cassa professionale). Se non vi rientra pagherà il 15% di tasse più i contributi.
Nessuna detrazione per i forfettari
All’autonomo che rientra nel regime forfettario non spetta nessuna detrazione. Per l’attività ci rientra con la quota esentasse, che serve proprio ad ammortizzare le eventuali spese per il lavoro non detraibili. Ma non gli spettano neanche detrazioni per carichi di famiglia.
E neanche quelle per le spese sanitarie sostenute per se stesso o per i familiari a carico. O per gli interessi passivi del mutuo. L’unica cosa che può dedurre dal proprio reddito sono i contributi obbligatori pagati.
Ecco come portare in detrazione spese di figli a carico nel regime forfettario
Ma quindi si è esclusi da qualsiasi detrazione a priori? No, se il professionista fa qualche lavoro per il quale è pagato, ad esempio, con ritenuta d’acconto quei redditi sono soggetti ad IRPEF. E quindi può portare in detrazione tutto quello che non gli è permesso detrarre nel regime forfettario.
Un lavoro temporaneo subordinato, una collaborazione a ritenuta d’acconto o anche una pensione di reversibilità. Ogni reddito assoggettabile all’IRPEF che guadagna, quindi, gli dà diritto a portare in detrazione le spese non detraibili nel regime forfettario.
Ma attenzione, il regime stesso pone un vincolo ben preciso. Da lavoro dipendente o assimilato non deve derivare un guadagno superiore ai 30.000 euro, pena l’uscita dal regime forfettario con la partita IVA che entrerebbe, quindi, nel regime ordinario.