Il maggio dei rendimenti sui titoli di Stato sembra aver iniziato con il piede giusto per chi ha soldi sul conto e cerca l’affare. Il mercato vende bond (e secondo le nostre analisi dovrebbe continuare a farlo), quindi i rendimenti salgono. Prezzi e rendimenti, infatti, si muovono in maniera inversa: quando gli uni salgono i secondi scendono e viceversa.
Pertanto diventa meno complicato spuntare buoni rendimenti anche sulle brevi scadenze. Giusto per fare un esempio, ecco come mettere in cassaforte un 1,50% d’oro per 3 anni e la garanzia dello Stato sui soldi investiti.
Un bond estremamente vantaggioso
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Prendiamo in considerazione il BTP con codice ISIN IT0005327306, emesso il 15 marzo 2018 e con scadenza fissata al 15 maggio del 2025. Si tratta di un titolo settennale che eroga una cedola lorda annua dell’1,45%, ossia l’1,26875% netto. La cedola semestrale, quindi, verrà staccata tra 12 giorni.
In questi 4 anni di vita, il BTP ha raggiunto un massimo a circa 107 centesimi nel dicembre 2020 e un minimo di quasi 89 nell’ottobre 2018. Stamane, invece, il bond scambia a 99,81, praticamente al di sotto del prezzo di emissione.
A questi prezzi, il rendimento annuo lordo sarebbe dell’1,5177%, pari all’1,328% netto.
In definitiva, 10.000 euro investiti su questo BTP darebbero modo di portare a casa quasi 400 euro in 3 anni, commissioni escluse. È un guadagno sufficiente per ritenerlo un investimento “interessante”?
Ecco come mettere in cassaforte un 1,50% d’oro per 3 anni invece di continuare a pagare tutti i costi del conto corrente
In realtà il quesito di cui sopra è molto soggettivo e non esiste risposta equivoca. Detta diversamente, tutto è relativo. L’investitore che cerca alti ritorni in poco tempo speculerebbe sui prezzi dei BTP e sarebbe poco attento al rendimento. Oppure guarderebbe ad altri tipi di asset come le azioni, per esempio. In questo caso abbiamo visto come sia possibile guadagnare anche fino all’11% annuo.
Il discorso potrebbe essere interessante, invece, per chi cerca un parcheggio remunerato di medio termine. A questi livelli, e su queste durate, i BTP fanno concorrenza diretta ai conti deposito vincolati.
Il raffronto, infine, sarebbe in un certo senso impari nel caso dei risparmi liquidi detenuti sul conto. In questo caso, infatti, vanno considerati i costi di gestione del conto, l’imposta di bollo (per giacenze sopra i 5mila euro) e il costo opportunità.
Quanto all’inflazione, invece, questo costo incide tanto su chi decide di investire quanto su chi decide di restare liquido.
Tuttavia, esiste una grossa differenza tra le due fattispecie. Chi decide di restare liquido patisce per intero, al 100%, le perdite inflitte dal carovita. Nell’altra casistica, invece, si attenuano le perdite, almeno fino a quando il costo della vita resterà alto. A ben vedere, quindi, non è proprio la stessa cosa.
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