Il ciclo di gestione dei risparmi è più lungo e variegato di quel che comunemente si possa pensare. Purtroppo esso non si limita al solo guadagnarli e metterli da parte, ma coinvolge anche la successiva sfera sul come gestirli. Se lasciarli fermi risulta essere perdente, allora ecco come assicurarsi una rendita del 4,45% per 20 anni acquistando un solo titolo di Stato.
Ovviamente restano sempre intatte le buone regole sul come gestire un patrimonio. Vale a dire diversificare il più possibile il patrimonio e investire in prodotti di qualità e in linea sia con il proprio orizzonte temporale che profilo di rischio.
Conviene tenere i soldi fermi sul conto o sul libretto di risparmio?
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In linea di massima non è mai conveniente tenere i soldi fermi, specie per la parte che eccede le esigenze più o meno ordinarie. Spese dirette e indirette, oltre al costo opportunità, rendono la scelta decisamente perdente.
Le spese vive fanno riferimento alle spese di tenuta dello strumento di pagamento posseduto. Sono pochi i c/c completamente gratuiti, mentre lo sono in genere i libretti (tipo quello postale). Tuttavia, in questo caso si tratta di strumenti di gestione del risparmio e non di pagamento com’è nel caso dei c/c.
A seguire citiamo l’imposta di bollo (34,20 € annuali) per giacenze medie superiori a 5mila €, pagata in base alla periodicità dell’estratto conto.
Tuttavia, oggi il salasso maggiore sta nella c.d. “spesa indiretta”, l’inflazione, ossia la perdita di potere d’acquisto. Per essa non c’è mai un’uscita diretta nel senso pieno del termine, quanto una svalutazione effettiva nel tempo dei soldi fermi. L’inflazione non viene mai scelta ed è democratica nel senso che colpisce tutti, nessuno escluso. Solo chi investe a tassi almeno pari all’inflazione di periodo riesce a proteggere le sue ricchezze finanziarie.
Il principale costo opportunità
Un altro tipo di costi tornati alla ribalta da un paio d’anni riguardano il c.d. costo opportunità. Con esso si allude al costo dovuto al mancato sfruttamento della prima alternativa, della prima opportunità disponibile a quella che è la scelta effettuata.
A volte si tengono fermi i soldi per paura di perderli e/o perché li si vuole avere liquidi nel caso di eventuali necessità. Un ragionamento che non fa una grinza riguardo al c.d. cuscinetto di liquidità, ma che non trova valide motivazioni negli altri casi.
In simili casistiche una discreta soluzione potrebbe offrirla il reddito fisso. A seconda del prodotto di turno, infatti, i soldi sono di norma (ma non sempre) disponibili anche prima della scadenza. Tuttavia, non sempre è assicurato il rimborso integrale del capitale iniziale prima del termine. Questo discorso vale per i conti deposito o i buoni postali (abbiamo visto quanto rendono 8.000 € ad agosto) ma non nel caso dei titoli di Stato. Qui il discorso è relativamente più complicato.
Ecco come assicurarsi una rendita del 4,45% per 20 anni acquistando un solo titolo di Stato
Sui sovereign bond tutto dipende dal proprio prezzo di acquisto contro quello di realizzo anticipato. L’operazione può dar luogo tanto a una plusvalenza (prezzo di vendita maggiore a quello di acquisto) quanto a una minusvalenza (caso opposto). I titoli relativamente più sicuri sono quelli di breve durata, com’è nel caso dei BOT di durata complessiva fino a i 12 mesi.
I titoli lunghi soffrono di più delle dinamiche di mercato, per cui espongono il risparmiatore a maggiori rischi, sia nel bene che nel male. Tuttavia, se hanno una cedola robusta danno modo di incassare una discreta rendita per molti anni.
Potrebbe essere il caso, per esempio, del BTP con ISIN IT0005530032 emesso a inizio 2023 e con scadenza al 1° settembre 2043 (altri 20 anni di vita residua). Il tasso d’interesse annuo lordo è del 4,45%, 3,9375% netto, mentre al momento prezza sui 99,41 centesimi. Riuscendo a comprarlo quanto più possibile sotto cento (il minimo annuo è stato a 95,22) si arrotonda per eccesso il rendimento effettivo annuo netto.
Non male per chi cerca una soluzione di lungo periodo e/o di proteggere il potere d’acquisto del capitale sulla lunga distanza. Il tasso d’inflazione target di lungo termine della BCE è infatti al 2%. Tuttavia, è bene sempre tenere a mente tutti i pro e tutti i contro tipici dei c.d. titoli lunghi.