Da che mondo è mondo, il racconto di un fatto o un personaggio attuale o storico, piuttosto che immaginario e fantasioso, ha sempre affascinato grandi e piccini. A ridosso del Natale, quindi, descriviamo alcune leggende riguardanti questo nettare ricavato dall’uva, servendoci di narrazioni, miti, fiabe. Detta diversamente, ecco ecco 2 vini leggendari senza spendere troppo ma utili per suggellare un Natale e un Capodanno indimenticabili .
Un vino bianco che andrebbe bene per la cena delle vigilie
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Il primo vitigno che presentiamo presenta una certa acidità, che lo rende versatile per ottenere diverse tipologie di vino. Si ottengono prodotti con le bollicine, perfetti per un brindisi, o versioni di passito, da abbinare ai dolci.
Stiamo parlando dell’Erbaluce di Caluso, un vitigno storico piemontese che prende il nome dal latino “ala lux”, luce dell’alba, per sottolineare la luminosità degli acini alla luce.
Il più delle volte si presenta con un bouquet floreale e di erbe aromatiche. Il sentore può anche diventare di miele, pepe bianco, agrumi canditi. In bocca risulta fresco, ma anche sapido ed elegante e con un certo margine di invecchiamento.
La leggenda di Erbaluce di Caluso
La leggenda narra di una meravigliosa creatura chiamata Albaluce, nata dall’amore impossibile tra la Ninfa Alba e il Sole, per interposizione della Luna. Questa decise di non abbandonare il cielo di giorno ma di restare invece sulla rotta del Sole, che in tal modo riuscì a raggiungere Alba sulla Terra. Durante l’eclissi di Sole e l’incontro tra quest’ultimo ed Alba, nacque Albaluce.
Tutti gli abitanti si innamorarono della sua bellezza fuori dal comune e cominciarono a far festa e a omaggiarla in ogni modo. Tuttavia, ben presto il lago smise di offrire i suoi frutti e quindi si rese necessario procacciarsi nuovi terreni da coltivare. Questi furono sottratti ai ruscelli e alle acque.
La situazione divenne ben presto difficile e portò Albaluce, in preda ai sensi di colpa, a piangere a dirotto. Da quelle lacrime nacquero ceppi vigorosi e tralci lunghi e ricolmi di grappoli di bianca uva succosa.
Le lacrime versate alla base dei grandi vini del Vesuvio
A seguire parliamo del Lacryma Christi, un vino che oggi ritroviamo in diverse versioni. In quella bianca, come il Coda di Volpe e/o Falanghina, il sentore è di ginestra, di mela cotogna, frutta matura come ananas e banana. È un vino ottimo con i crostacei, gli spaghetti e vongole, oppure abbinato ad una impepata di cozze (abbiamo già visto come prepararla a Natale e Capodanno).
Le versioni rosata e rossa provengono invece da Piedirosso e/o Aglianico. La versione rosé è perfetta ad esempio come aperitivo o antipasto, torte rustiche vegetariane o anche con il pesce all’acqua pazza.
Il Lachyma Crhristi rosso ha un sentore di frutta rossa e spezie, è secco e complesso e si sposa meglio con ragù, arrosti, formaggi stagionati.
Ecco 2 vini leggendari senza spendere troppo ma utili per suggellare un Natale e un Capodanno indimenticabili
Intorno al Lacryma Christi aleggiano diverse narrazioni, forse la più conosciuta fa riferimento a Lucifero. Inizialmente era un angelo che brillava per perfezione, bellezza e sapienza. Poi in seguito alle sue nefandezze, alle azioni scellerate e peccaminose, fu scacciato dal Paradiso. Ecco perché si narra che il Golfo di Napoli sia stato generato da un pezzo di Eden portato sulla terra da Lucifero.
Gesù, addolorato per la perdita dell’angelo più perfetto del Monte di Dio, pianse e le sue lacrime caddero sul Vesuvio. Ne vennero fuori questi vigneti, da cui deriva appunto questo nettare di-vino.
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