È legittima la motivazione per relationem quando sussista, da parte del contribuente, la conoscenza o la conoscibilità dell’atto richiamato. Analisi del caso.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 28756 del 16/12/2020, ha chiarito quando un accertamento è legittimo anche se motivato per relationem. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente.
Il contenzioso riguardava un avviso di accertamento con cui era stato rettificato il reddito di impresa e recuperata IVA indebitamente detratta, in relazione ad operazioni oggettivamente inesistenti. I giudici di appello avevano ritenuto che l’avviso di accertamento non risultasse adeguatamente motivato e che l’ufficio non avesse fornito presunzioni gravi, precise e concordanti della fittizietà delle operazioni.
In particolare, rilevavano i giudici, l’avviso di accertamento si fondava infatti su contestazioni formulate nei confronti di società terze e non integralmente allegate o richiamate. L’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, censurando la pronuncia per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato che l’avviso di accertamento era legittimamente motivato per relationem.
La decisione
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Secondo la Suprema Corte la censura era fondata. Evidenziano i giudici di legittimità che è legittima la motivazione per relationem quando sussista, da parte del contribuente, la conoscenza o la conoscibilità dell’atto richiamato. Legittimità dell’atto che comunque sussiste quando il contenuto dei documenti richiamati sia già riportato, anche in sintesi, nello stesso avviso. Ai fini dell’annullamento il contribuente deve quindi provare che gli atti ai quali l’avviso di accertamento fa riferimento sono a lui sconosciuti. E che una parte del contenuto degli atti richiamati sia comunque necessaria ad integrare la motivazione dell’atto impositivo, in quanto in esso non riportata. E tali principi valgono anche dopo l’entrata in vigore dello Statuto del contribuente, che prevede l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso. Di tali principi la sentenza non aveva quindi fatto corretta applicazione, non avendo accertato se il contenuto della motivazione, seppur per relationem, fosse idoneo a consentire il diritto di difesa.
Osservazioni
Gli avvisi di accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Quindi, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti.
Ma questi ultimi devono essere allegati all’atto notificato, ovvero lo stesso atto ne deve riprodurre il contenuto essenziale. Per contenuto essenziale del documento richiamato deve quindi intendersi l’insieme di quelle parti del documento che consentano al contribuente di comprendere pienamente le ragioni della pretesa, approntando la sua difesa. E che consenta al giudice, corrispondentemente, di esercitare il suo sindacato giurisdizionale.