Il Movimento 5 Stelle, come già successo in precedenti occasioni, ha deciso di ricorrere alla piattaforma Rousseau, per consentire di esprimere un consenso o un diniego all’ipotesi di Governo Draghi.
Questo elemento costituisce un ostacolo per l’ex Presidente della BCE?
E come si concilia questo meccanismo di voto diretto con il principio costituzionale dell’assenza di vincoli nel mandato parlamentare?
Come avevamo rimarcato in precedenti occasioni, il tema del nuovo Governo presenta molteplici aspetti, e non si limita certo alla problematica del suo programma o del tipo di esecutivo che si formerà, se tecnico o politico.
Oggi ci addentriamo in alcune questioni, che vanno al di là del si o no a Draghi, e che coinvolgono il cuore della concezione della nostra democrazia costituzionale.
Per meglio orientarci, seguiremo la seguente scaletta:
- Il voto sulla piattaforma Rousseau potrebbe mettere i bastoni tra le ruote alla nascita del nuovo Governo?
- Perché un voto negativo potrebbe semmai agevolare il nuovo esecutivo
- Movimento 5 Stelle e piattaforma Rousseau: una concezione alternativa alla nostra Costituzione?
E quindi, a proposito del quesito iniziale: “Draghi e il Movimento 5 Stelle. Un problema sulla strada del nuovo Governo?” partiamo dalla seguente questione:
Il voto sulla piattaforma Rousseau potrebbe mettere i bastoni tra le ruote alla nascita del nuovo Governo?
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La risposta a tale quesito non può che essere negativa.
Per il semplice motivo che un Governo Draghi disporrebbe comunque, anche senza il voto favorevole dei pentastellati, di numeri, che invece non erano a disposizione del Governo Conte, dopo la defezione di Italia viva.
L’esecutivo Draghi, infatti, disporrebbe dei voti favorevoli non solo del PD e di Italia Viva, ma anche di quelli di Forza Italia e della Lega, oltre a quelli di alcuni gruppi minori.
Questo elemento consentirebbe al Governo, anche in caso di voto negativo sulla piattaforma Rousseau, di godere di una ampia maggioranza, anche se il Movimento 5 Stelle e Leu fossero all’opposizione.
Considerando il numero di parlamentari di ogni gruppo, si arriva infatti ai seguenti risultati.
Alla Camera, senza neppure conteggiare i parlamentari del gruppo Misto, e considerando solo i voti di PD, Italia Viva, Lega e Forza Italia, dovremmo arrivare a 343.
Uso il condizionale perché, come noto, possono avvenire sempre dei passaggi di parlamentari da un gruppo all’altro.
La maggioranza assoluta è 316. E pertanto si riscontra una maggioranza assoluta più che sufficiente a governare.
Al Senato, anche escludendo il voto di gruppi come quello delle Autonomie, ma anche del gruppo misto, oltre naturalmente a quello dei pentastellati, si arriverebbe ad una maggioranza di 178. Pertanto anche in questo ramo del parlamento un esecutivo Draghi avrebbe comunque una larga maggioranza assoluta, che si ottiene a partire da 161 voti.
Da tali numeri possiamo quindi agevolmente comprendere perché il voto, anche eventualmente negativo, espresso sulla piattaforma Rousseau, non impedirebbe la nascita del Governo Draghi.
Perchè un voto negativo potrebbe agevolare il nuovo esecutivo
Si potrebbe, anzi, sostenere che la mancata partecipazione dei pentastellati potrebbe financo agevolare il Governo.
Uno dei problemi di una maggioranza eccessivamente allargata, riconduce infatti alla possibile presenza di temi, che potrebbero rilevarsi anche largamente divisivi e rappresentare, quindi, una minaccia alla stabilità dell’esecutivo.
Non solo. Alcuni di questi temi sono sorvegliati speciali da parte dell’UE, in quanto considerati vero e proprio vulnus alla stabilità delle finanze pubbliche.
Ed uno di questi è un vessillo proprio del Movimento 5 Stelle.
Mi riferisco al reddito di cittadinanza, che da parte UE viene considerato una misura meramente assistenziale, peraltro gestita in modo fallimentare.
Uno di quei temi che rappresentano il rischio che l’UE neghi i fondi del Recovery al nostro paese.
Quindi è evidente che una pressione, da parte europea, perché l’Italia rinunci al reddito di cittadinanza, porrebbe qualche difficoltà al Governo, se il Movimento 5 Stelle facesse parte della maggioranza che lo sostiene.
Pertanto una eventuale posizione di astensione o anche di opposizione non potrebbe certo indebolirlo.
Movimento 5 Stelle e piattaforma Rousseau: una concezione alternativa alla nostra Costituzione?
La decisione del Movimento 5 Stelle di ricorrere, ancora una volta, al voto sulla piattaforma Rousseau, ci offre anche l’occasione di una riflessione su alcuni temi strettamente legati alla nostra Costituzione.
Come noto, tutte le moderne democrazie, tra cui la nostra, sono democrazie indirette.
La sovranità popolare non può essere, in altri termini, esercitata direttamente dal cittadino, ma solo tramite rappresentanti.
A livello nazionale tramite i parlamentari.
Ma la nostra Costituzione ha anche chiarito che si tratta di una funzione, quella parlamentare, che si esercita senza vincolo di mandato.
Questo significa che il parlamentare ha diritto anche a cambiare idea.
Ad esempio, a passare ad altro partito o gruppo parlamentare, o a decidere su una determinata questione, in modo diverso da quanto aveva indicato in fase elettorale.
Il parlamentare, anche in questi casi, non può essere revocato ed alcuna conseguenza può derivargli da siffatte decisioni.
Il Movimento 5 Stelle, invece, ha sempre ritenuto che il cittadino dovesse avere il primato delle decisioni, almeno su alcune questioni fondamentali, come la nascita di un nuovo Governo.
Per questo motivo consente il voto agli iscritti sulla piattaforma, considerata espressione di democrazia diretta.
Proprio questa decisione di far votare gli iscritti su una piattaforma ha acceso una discussione sulla legittimità o meno di questo sistema.
Molti sostengono che sia incostituzionale, proprio perché minerebbe alla base quella assenza di vincoli di mandato, indicata dalla nostra Costituzione.
Altri, invece, osservano che comunque il parlamentare vota come gli pare, anche in presenza di voto contrario sulla piattaforma.
Draghi e il Movimento 5 Stelle. La questione delle libertà del parlamentare, comunque, non si limita certo a questi aspetti
Anche prima della nascita del Movimento pentastellato, quando un parlamentare non votava in linea con le indicazioni del proprio partito, rischiava provvedimenti di vario tipo, sino all’espulsione.
Con la nascita del Movimento 5 Stelle questa concezione di vincolare l’eletto alle decisioni ed indicazioni del partito, o di una piattaforma, si sono accentuate.
Sino a stabilire anche sanzioni pecuniarie per il parlamentare che non le rispetti.
Pertanto, proprio il voto sulla Rousseau consente di porre all’attenzione un tema rilevante: quello dei diritti e delle liberà del parlamentare.
A tale proposito è interessante notare che il problema, come dicevo, si era già posto anche in passato. In talune circostanze, ad esempio, poteva capitare che un eletto venisse espulso dal partito per non aver osservato le indicazioni e la linea indicate dai dirigenti della forza politica di appartenenza.
L’espulso poteva ricorrere contro questa decisione?
E poteva ottenere una eventuale reintegrazione?
Qualche volta simili problematiche sono persino arrivate nelle aule di giustizia.
La giurisprudenza in genere si è orientata per la non intromissione in siffatte questioni, considerate interne ai partiti.
Si è sostenuto che sono questioni dettate dalle regole interne e statutarie, che il singolo ha accettato con l’iscrizione al singolo partito.
Del resto, pare ovvio che un partito non può essere formato da chi la pensa diversamente. Anche se poi la questione è complicata, perché potrebbe sempre sostenersi che anche all’interno di singole forze politiche possano convivere diverse concezioni.
La questione, invece, del ruolo del parlamentare nelle istituzioni si pone su un piano diverso.
Infatti un conto è se un partito abbia diritto o meno ad espellere un dissenziente. Problematica che riconduce al rapporto tra singolo iscritto e partito.
Questione ben diversa quella dell’eletto e del parlamentare.
Non si viene eletti dal partito, che si limita alla candidatura, ma dai cittadini.
Proprio per questo motivo, la Costituzione ha voluto preservare le libertà dei parlamentari, proteggendole da una eccessiva ingerenza dei partiti.
È per questo motivo che la Costituzione preserva il parlamentare da vincoli di mandato.
Se quindi si fa votare un certo numero di iscritti su una piattaforma, a parte la questione che si tratta di piattaforma privata, senza il controllo di specifici organi istituzionali, il parlamentare resta comunque libero di votare in base ad una autonoma scelta.
Se poi il partito decide di espellerlo, lo potrà fare, ma non per questo il parlamentare decade, e in caso di espulsione o di volontarie dimissioni, farà parte di un altro gruppo parlamentare o del gruppo misto.
In questo articolo, a proposito di “Draghi e il Movimento 5 Stelle. Un problema sulla strada del nuovo Governo?”, abbiamo quindi spiegato perché il voto sulla piattaforma Rousseau e l’eventuale, mancata partecipazione dei pentastellati alla maggioranza, non costituirebbe un problema per Draghi.
Con l’occasione, abbiamo anche affrontato la problematica della cosiddetta democrazia diretta e della assenza di vincoli al mandato parlamentare.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“