A settembre riprenderà il dialogo-confronto tra Governo e sindacati sullo spinoso tema della riforma delle pensioni. Bisognerà infatti trovare un compromesso tra le diverse posizioni in campo ed inserirlo nella prossima Legge di Bilancio.
Il punto di partenza è che dal 2022 non ci sarà più la possibilità di uscita anticipata con (almeno) 62 anni di età e 38 di contributi. Quindi il rischio serio è che a partire dal nuovo anno scatti uno scalone di 5 anni per la pensione.
Partiti politici e parti sociali stanno studiando quali misure di flessibilità in uscita (dal mondo del lavoro) introdurre. Il vero problema, infatti, è dato dalla tenuta dei conti INPS. Qualunque sarà la riforma partorita, essa non dovrà mettere a rischio il bilancio dell’Ente di Previdenza.
Vediamo allora se, tra le varie proposte sul tavolo, dopo Quota 100 la riforma introdurrà pensioni anticipate a 64 anni o torneremo alla Legge Fornero.
Le posizioni in campo
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Sarà tutt’altro che semplice riformare la materia pensionistica. Oltre al paletto delle risorse, infatti, essa dovrà tenere conto di molti altri aspetti.
Tra questi ricordiamo l’allungamento delle aspettative di vita e il preoccupante calo demografico. Ma anche l’urgenza di introdurre correttivi all’attuale sistema contributivo e la necessità di sostenere la previdenza complementare. Grazie a quest’ultima, infatti, abbiamo visto che le pensioni “ingranano il turbo” nel lungo periodo.
La maggioranza di Governo (e gran parte dei sindacati) sembra indisponibile ad un ritorno al passato. Il riferimento è alla reintroduzione delle varie soglie di pensionamento varate dal Governo Monti una decina di anni fa. Quindi non dovremmo assistere a un ritorno della Legge Fornero.
Allo stesso modo non dovrebbero passare nuove Quote universali, come ad esempio Quota 101, che trova largo consenso ma costa troppo. L’esigenza di contenere la spesa pensionistica e la vigilanza comunitaria su queste spese, rendono difficile l’adozione di simili interventi.
La riforma delle pensioni
Dunque, forse la futura riforma pensionistica non adotterà nessuna delle due posizioni estreme.
A quel punto resterebbero le forme di flessibilità in uscita oggi già esistenti. Vale a dire: APE sociale, Opzione donna e contratto di espansione. Secondo molti addetti ai lavori, il legislatore partirà da queste forme di flessibilità già esistenti per potenziarle e/o integrarle con quello che riterrà più opportuno.
Il punto fermo, infatti, sembra essere quello per cui la futura riforma dovrà contenere adeguate misure di flessibilità in uscita. Ad esempio, l’APE sociale potrebbe essere estesa ad altre fasce di lavoratori, le cui attività siano considerate usuranti. Così come potrebbero essere ulteriormente rafforzati sia i contratti d’espansione che Opzione donna.
Dopo Quota 100 la riforma introdurrà pensioni anticipate a 64 anni o torneremo alla legge Fornero?
Infine, un’altra proposta oggetto di discussione l’ha lanciata il Presidente INPS, Pasquale Tridico. L’idea sarebbe quella di un’uscita anticipata a 64 anni di età e 20 di contributi. Tuttavia, la pensione sarebbe liquidata esclusivamente con il metodo di calcolo contributivo.
Questa proposta non inciderebbe più di tanto sui conti INPS e darebbe modo di uscire 3 anni prima dal lavoro (rispetto alla soglia di vecchiaia dei 67 anni di età).
Quale delle proposte in campo raccoglierà dunque il maggior consenso tra le parti e sarà la soluzione alternativa a Quota 100?
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