La dichiarazione integrativa presentata al fine di dedurre un costo o un reddito originariamente omesso fa scattare la sanzione amministrativa a carico del contribuente?
Dichiarazione integrativa: ecco quando non si paga la sanzione
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La risoluzione n. 82 del 24 dicembre 2020 pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, ha chiarito diversi dubbi interpretativi riguardo al ravvedimento operoso e non solo.
La risoluzione prescrive anche che solo le dichiarazioni integrative che sono favorevoli al contribuente non comportano il pagamento di alcuna sanzione amministrativa.
In particolare, sono da considerare interamente favorevoli le dichiarazioni presentate allo scopo di dedurre un costo o per dichiarare un credito che originariamente era stato omesso.
In questi casi la dichiarazione integrativa che chiude con un maggior credito a favore del contribuente non viene assoggettata ad alcun tipo di sanzione pecuniaria.
Dichiarazione integrativa: ecco quando si paga la sanzione
Diverso è il caso in cui la dichiarazione è presentata per correggere errori o omissioni. Sia che questi siano a favore o sfavorevoli per contribuente, e dall’esito finale della stessa risulti comunque un maggior credito.
In queste ipotesi, infatti, si configura la violazione dall’art. 8 del D.lgs n. 471 del 1997, in tema di violazioni riguardanti il contenuto e la documentazione delle dichiarazioni. Il contribuente, pertanto, sarà tenuto a pagare la sanzione amministrativa, che va da un minimo di 250 a un massimo di 2000 euro.
Bisogna dunque fare una netta distinzione fra la situazione in cui la dichiarazione è presentata per dedurre un costo o indicare un credito originariamente omesso, da quella in cui si procede con la correzione di errori ed omissioni.
In quest’ultimo caso, anche se il risultato rappresenta un credito, la dichiarazione integrativa, secondo l’Agenzia delle Entrate, non può essere considerata a favore del contribuente e saranno applicate le sanzioni nella misura prevista dalla legge.
Il caso della cedolare secca
Che cosa succede nel caso in cui il contribuente, per un mero errore, abbia tassato in via ordinaria un canone di locazione che rientrava invece nel regime di cui all’art. 3 del D.lgs n. 23 del 2011?
L’Agenzia delle Entrate chiarisce anche su questo punto, precisando che chi ha optato per il regime della cedolare secca e presentano una dichiarazione integrativa limitatamente all’errata tassazione, non sono tenuti a pagare alcuna sanzione amministrativa.
Tutto questo a condizione che non siano riportati anche i redditi originariamente omessi. In questo caso la dichiarazione integrativa non potrà essere considerata interamente a favore del contribuente.